Memoria e suggestionabilità nella testimonianza del minore

Memoria e suggestionabilità nella testimonianza del minore
Giacomo Piperno

*A cura di Giulia Iemmolo

La storia degli approcci scientifici al tema della testimonianza dei minori è complessa e non esente da contraddizioni e ambiguità. Fino ad un recente passato era radicato fra gli esperti il convincimento che la testimonianza dei minori fosse sempre sospetta al punto da attribuire alla stessa un valore relativo. Le prime ricerche sulla suggestionabilità dei bambini risalgono alla fine del XIX secolo, quando alcuni psicologi si interessarono alla testimonianza del minore in ambito forense. Binet affermava che le risposte errate dei bambini riflettono la presenza di “buchi” nella loro memoria, che essi cercano di colmare utilizzando la fantasia o accettando le opinioni che hanno sentito dagli adulti. Nei primi anni del Novecento, il dottor Varendonck, un medico e psicologo belga, nel ruolo di perito del tribunale per il caso di omicidio di una bambina di cui erano state testimoni due compagne di classe, aveva concluso e dichiarato che la testimonianza dei bambini non è affidabile. Le due bambine, infatti, che inizialmente si erano dichiarate ignare della sorte dell’amica scomparsa e poi uccisa, dopo essere state più volte interrogate, sollecitate dagli insegnanti e influenzate dall’opinione pubblica avevano infine delineato il profilo dell’assassino nella figura di un uomo alto con i baffi scuri. Venne quindi incolpato il padre della vittima. In seguito a tale episodio, il dottor Varendonck, volendo approfondire tale dinamica, condusse uno studio in due classi scolastiche con bambini dai 7 ai 12 anni a cui chiese di colore fosse la barba del loro maestro. La maggior parte dei bambini intervistati dichiarò che la barba fosse scura anche se il maestro non aveva la barba. Il medico belga concluse quindi che i bambini non sono testimoni affidabili quando si chiede loro di riportare dettagli di un avvenimento che hanno vissuto in prima persona.

La testimonianza del minore

La testimonianza dipende in primo luogo dalla memoria del testimone. Il suo contenuto infatti dipende dall’interazione fra il contenuto della memoria e il contenuto dell’evento a cui il soggetto ha assistito. In ambito penale lo psicologo giuridico è spesso chiamato nei casi di valutazione della capacità a rendere testimonianza di un minore in ipotesi di abuso sessuale, o di escussione di minore testimone e/o vittima di reato di abuso, violenza e sfruttamento sessuale. Le Linee Guida per le perizie in caso di abuso sui minori individuano tre tipi di incarico conferito allo psicologo, il primo dei quali è l’audizione protetta (art. 398 comma cinque bis c.p.p.) dove l’esperto deve essere in grado di condurre il colloquio riformulando le domande poste dal Giudice, dal PM o dalle parti, secondo modalità consone al minore. Gli altri due incarichi riguardano quello peritale del Giudice (art. 221 c.p.p.), e l’incarico di Consulenza Tecnica del Pubblico Ministero (art. 225 c.p.p.) dove lo psicologo dovrà rispondere ai quesiti a lui posti in riferimento all’attendibilità della testimonianza, in senso psicologico e non giudiziario.

La testimonianza del minore

L’indagine sulla capacità del minore a rendere testimonianza non ha come fine ultimo l’accertamento della verità processuale che, attraverso l’acquisizione delle prove, è di esclusiva pertinenza del magistrato. Quest’ultimo, infatti, si prefigge lo scopo di ricostruire il fatto-reato e di attribuire le singole e specifiche responsabilità individuali. Il perito persegue invece l’obiettivo della valutazione della verità clinica. Egli non è chiamato a stabilire se il testimone abbia affermato o meno la verità, bensì a valutare se in esso siano presenti, da un punto di vista clinico, processi che possano inficiare la precisione, l’obiettività, la percezione e la rievocazione del resoconto. Il perito deve inoltre valutare, l’adeguatezza dello sviluppo cognitivo in riferimento alla fascia di età di appartenenza, eventuali sessualizzazioni non in linea con il gruppo dei pari, eventuali traumi sessuali e livelli di suggestionabilità.

Il contenuto dell’accertamento

Rispetto al contenuto dell’accertamento tecnico sul minore si riporta quanto si afferma a riguardo nelle Linee Guida Nazionali redatte al termine della consensus conference sul minore testimone, secondo cui l’accertamento deve comprendere l’esame della:

 • Capacità cognitiva generale, incluso il source monitoring;

• Capacità di comprendere il linguaggio verbale relativamente a strutture grammaticali o sintattiche, termini con differenze minime di significato, contenuti assurdi;

• Memoria autobiografica: particolare attenzione dovrà essere prestata ad eventuali razionalizzazioni volte a colmare le lacune mnestiche. È sempre opportuno in tal senso effettuare riscontri con testimoni adulti;

• Capacità commisurata all’età, di discriminare realtà da fantasia;

• Capacità interpretativa di stati mentali propri e altrui;

• Livelli di suggestionabilità: alcuni aspetti della suggestionabilità non possono essere valutati mediante test specifici ma solo apprezzati come indicatori anamnestici. La suggestionabilità costituisce un fattore di rischio che deve essere valutato e ponderato nel fattore finale (Linee Guida Nazionali, 2010).

Il source monitoring (monitoraggio della fonte) fa riferimento all’abilità a ricordare episodi specifici di un evento ripetuto o di distinguere fra esperienze personali o riferite. I cambiamenti nell’abilità a identificare la fonte delle informazioni sembrano non solo graduali, associati all’età, ma anche situazione- specifici (Giannini, 2009).

La capacità di comprendere il linguaggio è tanto più ridotta quanto più piccolo è il bambino. Sotto i quattro anni di età, il bambino non ha competenze linguistiche e manca della capacità di riconoscere il significato semantico di parole e concetti. Le difficoltà di comprensione del linguaggio sono dovute anche dal modo di formulare le domande stesse. Per esempio, le domande ripetute non favoriscono la comprensione delle stesse; inoltre, un bambino di 4-5 anni non comprende il significato di una frase negativa, di una frase passiva o subordinata, se fornisce comunque una risposta questa sarà del tutto casuale.

Teoria della mente

La capacità di interpretare gli stati mentali e altrui fa riferimento alla cosiddetta “teoria della mente” cioè la capacità di attribuire a sé e agli altri stati mentali quali desideri, intenzioni, pensieri e credenze. Lo sviluppo di tale competenza inizia solitamente intorno ai 4-5 anni e permette di spiegare e prevedere i comportamenti altri sulla base delle suddette inferenze. In ambito forense questa capacità assume importanza in relazione al tema della suggestionabilità in quanto lo sviluppo della comprensione della mente altrui potrebbe essere un fattore in grado di migliorare la resistenza di elementi suggestivi. La testimonianza è una conseguenza diretta della fissazione e dell’evocazione di un evento, pertanto, anche in assenza di malattie mentali, sia nei bambini sia negli adulti, possono intervenire diversi fattori in grado di influire sulla fissazione e di conseguenza sulla rievocazione del ricordo. Tali fattori riguardano la risonanza affettiva legata all’evento specifico, il tempo che passa fra l’evento accaduto e la rievocazione, il significato conferito all’evento, la suggestione di origine esterna, l’interferenza dell’immaginario sul reale. Pertanto, ogni testimonianza contiene sempre, nella sua rievocazione, un giudizio che soffre d’influenze cronologiche, affettive, culturali, ambientali e relazionali.

Memoria e testimonianza

Nel corso dei colloqui si assiste ad un’interazione fra il modo e il contenuto delle domande, da un lato, e le caratteristiche della memoria umana dall’altro. La memoria è un processo complesso che implica la capacità di elaborare, immagazzinare e recuperare informazioni attraverso specifiche strategie di codifica, ritenzione e recupero. Il contenuto recuperato non è una semplice riproduzione di un evento, ma un processo di ricostruzione dinamica.

Memoria e testimonianza

Come funziona la memoria

Secondo la teoria tripartita della memoria di Atkinson e Shriffin la memoria sarebbe divisa in tre sistemi: sensoriale, a breve termine e a lungo termine. L’informazione proveniente dall’ambiente viene elaborata dapprima dal sistema di memoria sensoriale, per poi passare al sistema temporaneo di memoria a breve termine e viene infine registrata nel sistema di memoria a lungo termine. L’informazione viene subito trasformata e modificata fin dai primi momenti, quindi già a livello della memoria a breve termine caratterizzata da una durata limitata e da una ridotta quantità del materiale trattenuto.

Quest’ultima assume particolare rilievo per quanto concerne la valutazione delle competenze testimoniali. La memoria a lungo termine viene differenziata in:

implicita che si riferisce alle situazioni in cui vi è stato un apprendimento che influenza la prestazione senza però tradursi in ricordi espliciti (es. andare in bicicletta); la memoria implicita sembra operare in modo automatico, non richiede processi intenzionali da parte dei soggetti che devono memorizzare e non sembra contenere fatti, piuttosto controlla i comportamenti.

 • esplicita che si riferisce ad un tipo di memoria accessibile alla consapevolezza. La memoria esplicita viene distinta a sua volta in semantica (che cosa), che riguarda le conoscenze sul mondo, concetti organizzati e categorie concettuali che possono influire sui processi percettivi e di identificazione; ed episodica (dove, quando, con chi) che è alla base della nostra capacità di ricordare episodi o eventi particolari di cui si conosce la collocazione nello spazio e nel tempo.

Il ricordo di eventi vissuti è sempre incompleto ed è il risultato del processo di recupero e riorganizzazione di informazioni incomplete, a volte distorte, presenti in memoria. Ogni processo di 12 rievocazione è quindi caratterizzato da dettagli dimenticati e spazi vuoti che nel tempo possono essere riempiti con elementi nuovi e coerenti con l’avvenimento oggetto del ricordo, anche se estranei alla percezione dei fatti (Linee Guida Nazionali).

Il tipo di memoria maggiormente implicata ai fini della testimonianza è la memoria episodica, in quanto i markers temporali e spaziali che caratterizzano le conoscenze in essa contenute sono indispensabili ai fini di un’indagine. Anche la memoria semantica, attraverso schemi e script (rappresentazioni concettuali di eventi sociali) interagisce con la memoria episodica per strutturare e rappresentare la conoscenza della memoria a lungo termine e per interpretare l’esperienza episodica.

La suggestionabilità nei bambini

Ogni ricordo è suscettibile di modifiche dovute a suggerimenti. Il livello di suggestionabilità nelle fasi dello sviluppo, se da una parte costituisce un fattore di rischio, dall’altra non rende di per sé il bambino incapace di rendere testimonianza. Infatti, pur in presenza di suggestionabilità, se le domande sono poste correttamente il bambino riesce a fornire risposte coerenti ai suoi contenuti di memoria.

È necessario fare una distinzione fra il concetto di suggestionabilità e il concetto di compliance, i quali hanno caratteristiche molto simili sul piano comportamentale ma differiscono notevolmente sul piano teorico. Entrambi si riferiscono alla tendenza degli individui ad assecondare le richieste e le aspettative degli interlocutori. Tuttavia, la compliance prevede che le persone siano consapevoli della discrepanza fra le aspettative dell’interlocutore e il proprio ricordo, per cui compiacciono per evitare conflitti o confronti con persone percepite come maggiormente competenti e autorevoli. La suggestionabilità invece implica l’accettazione privata della suggestione con l’impossibilità di distinguere tra quanto realmente ricordato e quanto suggerito dall’interlocutore (Caso, 2013). La persona suggestionata dunque non è consapevole del fatto che i suoi ricordi sono stati modificati e distorti. Secondo alcuni autori, vi è un legame fra compliance, suggestionabilità ed età nella vulnerabilità dei bambini alle suggestioni.

I bambini piccoli sottoposti a informazioni aggiuntive errate subiscono un effetto di interferenza sulla memoria. In questo caso presentano oggettive difficoltà nel ricordare la fonte dell’informazione errata tanto da sostituirla con l’informazione veritiera. I bambini più grandi invece sembrerebbero consapevoli del fatto che la nuova informazione proviene da una fonte esterna, ma avendo due informazioni ugualmente accessibili e ponendo scarsa fiducia nella propria memoria, tendono a ritenere più attendibile l’informazione ricevuta dall’adulto (Mazzoni, 1995).

Metodologia dell’intervento

Nella perizia e nella consulenza tecnica lo psicologo deve rispondere ai quesiti posti dal Giudice o dal PM, in riferimento all’attendibilità della testimonianza del minore in senso psicologico e non giudiziario. La valutazione deve essere fatta in base all’età del minore e attraverso strumenti quali l’osservazione, il colloquio e il test. Per affrontare questo tipo di accertamento sono stati elaborati diversi protocolli che però spesso non tengono conto dell’età del minore, non lo considerano come persona in evoluzione, quasi uniformandolo all’adulto.

Il colloquio con il minore

La Carta di Noto sottolinea la necessità che gli esperti coinvolti nella raccolta della testimonianza dei minori possiedano specifiche competenze legate ad una aggiornata formazione in psicologia forense e della testimonianza. Le dichiarazioni vanno assunte utilizzando protocolli d’intervista o metodiche basate sulle indicazioni della letteratura scientifica accreditata, nella consapevolezza che l’audizione del minore potrebbe causare modificazioni e alterazioni del ricordo. In sede di raccolta delle dichiarazioni occorre ridurre il numero delle audizioni (gli incontri non devono essere inferiori a 3 ad esclusione delle sedute per la somministrazione di test) e contenerne la durata e le modalità in tempi rapportati all’età e alle condizioni emotive del minore.

La frequenza degli incontri peritali di osservazione e colloqui dovrebbe essere ravvicinata nel tempo. Il colloquio e l’osservazione psicologica sono strumenti fondamentali in quanto forniscono una base descrittiva del minore, sul suo comportamento manifesto, sui vissuti congrui o meno al modo di comportarsi e sulle caratteristiche sensoriali, percettive, affettive, relazionali ed interpretative. Tali tecniche se da una parte permettono di cogliere la significatività dei comportamenti del minore, sono rischiose in quanto l’esaminatore non è mai esonerato dal proprio modo di cogliere la realtà.

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