L’affido a terzi nella prima infanzia

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Giacomo Piperno

*a cura di Giuseppa Rita Benvisto

Qual è il paradigma che sostiene l’istituto dell’affido a terzi? In particolare, quando questo intervento è rivolto a favore dei più piccoli, nel corso della prima infanzia, come l’attuazione del provvedimento agisce e influenza il futuro evolutivo, la vita relazionale, la crescita personale e/o come interviene a livello di riduzione del danno in favore dei soggetti coinvolti?
I bambini e le bambine sono stati e sono ancora oggi, in alcuni sotto-sistemi sociali, considerati inferiori e sfruttati per interessi personali da parte degli adulti, ancora troppo spesso gli sono negati quei diritti soggettivi ormai sanciti e riconosciuti ampiamente a livello legislativo in ambito internazionale e a livello ideologico dalla maggior parte dell’umanità.

Cenni storici sulla pratica e regolamentazione dell’affido

Dall’analisi dell’evoluzione storico-socio-culturale del concetto di infanzia, è stato possibile risalire alle condizioni che in occidente alla fine della seconda guerra mondiale hanno determinato quel progressivo, radicale, mutamento sostenuto dai paralleli e confluenti sviluppi in etologia e psicologia. Prima lo psicoanalista austriaco René Spitz e successivamente il britannico John Bowlby (al quale l’ONU commissionò di indagare sulla condizione dell’infanzia abbandonata) denunciarono la triste condizione in cui si trovavano i bambini orfani o indigenti ricoverati presso gli orfanotrofi. I risultati portarono alla graduale chiusura di queste strutture, questi studi furono alla base di un fiorire di politiche sociali e normative a livello nazionale ed internazionale, volte a tutelare i diritti dei minorenni.

Legislazione Nazionale sull’affido

A livello nazionale ai fini del lavoro svolto sono da citare: il r.d.n.1404/1934 la nascita dei primi tribunali per i minorenni e l’istituzione della figura di un “benemerito dell’assistenza sociale” cultore di discipline medico umanistiche; il r.d.n.262/1942 viene promulgato il nuovo “Codice civile Italiano” tuttora vigente e viene istituita la funzione del “giudice tutelare”; la l.n.184/1983 e l.n.149/2001 rispettivamente “disciplina dell’adozione e affidamento dei minori” “modifiche alla legge n 184/’83: Diritto del minore alla propria famiglia”; l.n.54/2006“disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli”; l.n.173/2015 “modifiche alla legge n.184/’83 sulla continuità affettiva dei bambini e delle bambine in affido”.

Legislazione internazionale sull’affido

A livello di legislazione internazionale: “Dichiarazione dei diritti del fanciullo” emanata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, 20 novembre 1959”; la “Convenzione sui Diritti del Fanciullo” ratificata dall’Italia con l.n.176/1991 che riconosce ai bambini, la titolarità dei diritti civili, sociali, politici, culturali ed economici; “Convenzione di Lanzarote” il primo strumento a livello internazionale che considera gli abusi sessuali contro minorenni reati, ratificata dallo Stato Italiano con la l.n.172/2012.

Separazione e affido a terzi

Separazione e affido a terzi

Quindi ho volto lo sguardo alla normativa vigente e alle disposizioni del giudice riguardo la tutela dell’interesse del minore nei casi di alta conflittualità, come si configura l’istituto dell’affidamento a terzi e, qual è l’eccezione con cui si contraddistingue l’affido a terzi nella prima infanzia. L’art. 2 l. n.184/1983, introduce in modo organico nell’ordinamento il sistema di affidamento dei figli minorenni a figure terze.

Quando l’affidamento a terzi coinvolge la prima infanzia, si tratta di un provvedimento urgente, disposto dal Tribunale dei Minori in base agli artt. 330 (decadenza della responsabilità genitoriale); 333 (condotta del genitore pregiudizievole ai figli); e 336 c.c. (disciplina dei provvedimenti a tutela del minore con la possibilità di revoca del provvedimento).

Sospensione della responsabilità genitoriale

Sono atti che comportano la sospensione della responsabilità genitoriale, la sospensione dell’esercizio delle funzioni di tutela e la nomina di un tutore provvisorio. In questi casi si procede ai sensi degli artt. 8 e seg., l.n.184/83, all’apertura della procedura per l’accertamento dello stato di abbandono e/o alla dichiarazione dello stato di adottabilità. Di prassi, si tratta di minori in situazioni di abbandono e/o in condizioni di urgente bisogno di pronta accoglienza, in ambiente protetto, situazioni di maltrattamento, abuso fisico e/o sessuale, abbandono.

Situazioni di maltrattamento che si possono verificare anche in corso di separazione altamente conflittuali. In questi casi, le procedure previste, assumono una eccezione normativa, deroga al sistema di tutela dei minori, per la quale si interviene attraverso un atto di natura amministrativa, operativo, in virtù del decentramento operato a favore degli enti locali (Comune) in base all’art. 403 c.c. : “Quando il minore è moralmente o materialmente abbandonato o è allevato in locali insalubri o pericolosi, oppure da persone per negligenza, immoralità, ignoranza o per altri motivi incapaci di provvedere all’educazione di lui, la pubblica autorità, a mezzo degli organi di protezione dell’infanzia, lo colloca in luogo sicuro, fino a
quando si possa provvedere in modo definitivo alla sua protezione
”; non è un intervento del servizio sociale sul minore basato sull’accettazione da parte dei genitori, né sul necessario intervento del tribunale volto a superare la volontà degli stessi.

Affido a terzi nella prima infanzia

Quando l’affidamento a terzi coinvolge la prima infanzia e riguarda neonati e bimbi piccolissimi, in un periodo compreso tra 0 e 36 mesi, si tratta di un provvedimento urgente, disposto dal Tribunale dei Minori in base agli artt. 330 (decadenza della responsabilità genitoriale); 333 (condotta del genitore pregiudizievole ai figli); e 336 c.c. (disciplina dei provvedimenti a tutela del minore con la possibilità di revoca del provvedimento). Sono atti che comportano la sospensione della responsabilità genitoriale, la sospensione dell’esercizio delle funzioni di tutela e la nomina di un tutore provvisorio.

Nel corso della prima infanzia, l’affido ad una famiglia o ad una struttura di tipo famigliare, pone l’accento, in forma particolare sulla qualità del rapporto affettivo che si instaura tra gli affidatari e il minore e sulla sollecita necessità di fornire al piccolo quella “base sicura” così fondamentale per il suo futuro sviluppo.
In questo caso sono principalmente “le comunità di tipo famigliare” “case famiglie per minori” che offrono una risposta immediata in considerazione dei previsti brevissimi tempi di permanenza del piccolo in affido.
Sono molteplici i fattori che determinano la scelta di questa modalità di intervento come diversificate sono le realtà a cui il provvedimento è rivolto, sono bambini che vivono in un contesto socio-ambientale e familiare pregiudizievole ad una loro adeguata crescita evolutiva.
Sono situazioni di particolare complessità ed estremamente diversificate: si tratta di nati prematuri la cui madre presenta problemi di tossicodipendenza o disturbi psichiatrici; sono minori italiani o stranieri appartenenti a famiglie multiproblematiche, con disagi psichici, problemi di dipendenza da sostanze stupefacenti o da alcool, situazione di violenza intra-familiare, famiglie abusanti o maltrattanti con disagio abitativo e senza lavoro, realtà frequentemente già in carico ai servizi territoriali, ai GIL (gruppi integrati di lavoro) e sottoposti a provvedimenti dell’autorità giudiziaria; si può anche trattare di minori italiani o stranieri che vengono trovati in situazioni di abbandono, di grave pregiudizio per la loro incolumità o di totale incuria; altre volte sono bambini che presentano problemi di salute per cui non è possibile, per la famiglia di origine, accudirli e provvedere in maniera adeguata ai loro bisogni; si può ricorrere a questa modalità di affido anche quando il bambino non è riconosciuto alla nascita e non si è in grado, in pochi giorni di trovare una famiglia idonea per l’adozione.
Scopo principale di questo intervento, è quello di permettere al bambino di vivere in un contesto familiare o simil-familiare, in cui abbia la possibilità di stabilire relazioni positive adeguate ai suoi bisogni, relazioni diverse e più funzionali rispetto a quelle che lo stesso, potrebbe vivere, ho ha vissuto, nel suo nucleo di appartenenza.

Conclusioni: Limiti e risorse

Attraverso l’analisi, del tema “dell’affido a terzi” durante la “prima infanzia”; emerge in modo evidente fin dalle prime ricerche di Bowlby quanto, sia il bisogno di attaccamento, che quello di relazione, siano biologicamente determinati e al tempo stesso, di fondamentale importanza per il sano sviluppo psicofisico del bambino.
Altro fattore determinante al sano sviluppo individuale è la qualità della relazione che si instaura tra soggetto ed ambiente.
A partire da una disposizione biologica determinata sembrerebbe all’evidenza, che l’interazione con l’ambiente agisca profondamente a livello fisico e strutturale modificando la capacità di percezione individuale.
Quando si esperiscono, fin dalla prima infanzia, condizioni di deprivazione e ancor più di maltrattamento fisico e/o di abuso sessuale, si generano danni molto profondi che limitano a vari livelli di gravità, la capacità di rispondere adeguatamente agli stimoli ambientali, innescando il perpetrarsi di “meccanismi maladattivi”, che determinano, a sua volta, con alta predittività, la riproduzione dei comportamenti di maltrattamento subiti.

Tra i fattori di protezione, che le ricerche sugli aspetti di resilienza hanno riscontrato in campioni di individui, che pur essendo esposti a situazioni fortemente traumatizzanti rispondono con modalità comportamentali adeguate, sono stati evidenziati sia fattori protettivi riconducibili a caratteristiche di flessibilità individuale che fattori intervenienti ambientali in grado di mitigare gli effetti delle relazioni disfunzionali, offrendo modelli di risposta adeguata.

Tenendo in debito conto sia le ricerche sugli effetti di rigenerazione delle connessioni neuronali che le corrispondenti evidenze sull’importanza della qualità delle relazioni con l’ambiente, in considerazione della specificità presentata dalla condizione di “affidamento a terzi” in ambito di
prima infanzia, non si può fare a meno di cercare di capire se, per ogni singolo caso, si stia offrendo la risposta più adeguata.

A conclusione del lavoro svolto emerge con “chiarezza” l’estrema “complessità” della questione, in particolare se consideriamo gli aspetti etici a cui, attraverso il lavoro di indagine e di prognosi delle capacità genitoriali, gli psicologi e le altre figure coinvolte nell’intervento, sono chiamate a dare
risposta.

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