Il Parricidio, minore autore di reato

Il Parricidio, minore autore di reato
Giacomo Piperno

*A cura di Francesca Pia Schiavone

L’adolescenza rappresenta per l’essere umano una fase di sviluppo molto complessa, in quanto è caratterizzata da cambiamenti da un punto di vista fisiologico, psicologico e sessuale. Ci si trova di fronte ad una trasformazione del corpo e, nello stesso tempo, ad una ridefinizione della propria identità.

Il parricidio fa riferimento all’uccisione di un parente prossimo, anche se comunemente, questo termine viene utilizzato per indicare l’omicidio del proprio padre o della propria madre. Questa tipologia di reato rappresenta circa il 2% degli omicidi in tutto il mondo, è quindi, molto raro. L’individuo che arriva a compiere un gesto così estremo è mosso da diverse ed esaminabili ragioni.

Il parricidio tra mitologia e storia

L’atto del parricidio è un fenomeno che ha delle origini molto antiche. È, infatti, un archetipo ampiamente diffuso nella cultura occidentale, tanto da affascinare diversi autori che hanno descritto tale atto nelle loro opere.

Il Parricidio nell’antica Grecia

Nell’antica Grecia, secondo Esiodo nel mito della creazione dell’Olimpo, Crono castrò suo padre Urano, il cielo. Dal suo sangue furono create le Erinni, dee della vendetta, la cui funzione era quella di vendicare i crimini di parricidio. Sofocle, in Edipo re (1991) narrò la storia di Laio, re di Tebe e di sua moglie Giocasta. Laio, interrogato l’oracolo di Delfi circa la possibilità di avere figli, scoprì che, se mai ne avesse avuto uno, quest’ultimo avrebbe ucciso suo padre, per poi sposare sua madre. Per questa ragione, quando Giocasta rimase incinta, i due decisero di abbandonare il figlio. Tuttavia, il bambino fu trovato da un pastore che lo portò dal re di Colinto che decise di prendersi cura di lui, dandogli il nome di Edipo. Nonostante le precauzioni prese per evitare che la profezia si avverasse, egli uccise involontariamente Laio (non sapendo che si trattasse del padre) e si ritrovò a sposare Giocasta.

Il Parricidio nell’antica Roma

Nell’antica Roma uno dei parricidi più celebri fu quello di Giulio Cesare, architettato da Cassio e Bruto, definito quest’ultimo il figlioccio di Giulio Cesare e che, dopo l’assassinio si tolse la vita. È interessante notare come il fenomeno del parricidio sia sempre stato considerato un crimine atroce e che meritava una pena esemplare. Secondo le leggi romane il parricidio era punito con la cosiddetta poena cullei, ovvero, la pena del sacco, secondo cui il parricida, dopo essere stato percosso, veniva chiuso in un sacco con un cane, un gallo, una scimmia e una vipera e gettato nel Tevere.

Il Parricidio dal Medioevo ad oggi

Nel Medioevo e nel Rinascimento la famiglia era considerata un pilastro e ucciderne un componente significava andare contro le leggi divine e della natura, ragion per cui il parricida meritava di subire terribili torture. Nell’Ottocento il parricidio era considerato il reato più grave che l’uomo potesse commettere, considerando la famiglia un sistema inviolabile.

Infatti, per il Codice Civile della Francia Napoleonica, colui che violava un principio così importante, non solo era condannato a morte per decapitazione, ma ad egli veniva tagliata la mano destra, che nella cultura occidentale era simbolo di potenza. Anche nell’Italia preunitaria la pena prevista era quella di morte e solo nel 1889 con il Codice Penale per il Regno d’Italia venne abolita. Ad oggi, il parricidio è considerato un’aggravante dell’omicidio, pertanto, è previsto l’ergastolo per chiunque commetta un omicidio contro un ascendente o un discendente (articolo 577 del Codice Penale). Per quanto riguarda i minori, invece, le disposizioni circa il processo penale minorile si differenziano da quelle del processo penale ordinario, al fine di garantire una maggiore tutela del minore autore di reato. Come è possibile dedurre da quanto descritto finora, tutte le pene inflitte al parricida fino alla fine dell’Ottocento, non tenevano conto delle circostanze del reato commesso. Soltanto con l’avvento della psichiatria si iniziò a dare importanza alle dinamiche psicologiche e al contesto culturale in cui il reato era consumato.

L’identikit del minore parricida

Il parricidio commesso da un minore è caratterizzato da alcuni aspetti peculiari che fanno sì che l’autore di tale reato si distanzi molto sia dal parricidio commesso da un adulto sia dall’omicidio commesso da un minore nei confronti di un estraneo. Pertanto, al fine di definire le caratteristiche che contraddistinguono il minore parricida è opportuno comprendere le principali differenze riscontrate tra queste categorie.

Adulti vs. Minori autori di parricidio: differenze

Le maggiori differenze riscontrate riguardano principalmente i motivi che spingono i figli ad uccidere i genitori, l’arma utilizzata e la situazione vissuta in famiglia. Nello specifico, gli adulti che commettono un parricidio presentano, generalmente, un disordine mentale, come ad esempio, la schizofrenia che, quindi, fa sì che l’individuo abbia dei pensieri distorti circa la realtà circostante e una ridotta capacità nel prendere decisioni. Inoltre, essi hanno una storia di comportamenti violenti e antecedenti di natura psichiatrica.

Al contrario, gli adolescenti che arrivano a compiere un gesto tanto estremo, raramente presentano un disturbo mentale. Infatti, nella maggior parte dei casi, agiscono in conseguenza ad abusi e maltrattamenti da parte di uno o di entrambi i genitori, allo scopo di proteggere se stessi o altri membri della famiglia. Per quanto riguarda l’arma utilizzata, mentre gli adulti prediligono le armi da taglio, gli adolescenti più di frequente scelgono armi da fuoco, in quanto hanno una ridotta capacità rispetto ad un adulto di sovrastare il genitore, a causa della disparità fisica; per la stessa ragione, i parricidi adolescenti, piuttosto che un affronto diretto, scelgono una situazione non conflittuale in modo che i genitori abbiano scarse possibilità di potersi difendere.

L’individuo adulto ha una maggiore indipendenza, ragion per cui ha maggiori opportunità e risorse per gestire le situazioni di scontro o conflitto; al contrario un adolescente è quasi costretto a restare a casa, in quanto non è in grado di trovare delle soluzioni alternative, non avendo a disposizione risorse economiche adeguate; inoltre, le capacità di difendersi di un minore sono ridotte rispetto ad un individuo adulto. Infatti, nella maggior parte dei casi in cui i ragazzi provano a scappare da situazioni di maltrattamento, tendono a tornare a casa dai genitori, in quanto non conoscono un posto in cui sono al sicuro. Inoltre, soprattutto nelle situazioni in cui uno dei due genitori maltratti anche altri componenti della famiglia, come i fratelli o l’altro genitore, emerge il senso di colpa nel lasciare che questi ultimi continuino a subire tali abusi.

Il minore parricida: differenze rispetto al minore omicida

Sebbene in entrambi i casi gli autori del reato abbiano alle spalle un sistema familiare disorganizzato, diversi autori hanno messo in luce le caratteristiche principali dell’adolescente che commette un parricidio e del minore responsabile di omicidio nei confronti di un estraneo, al fine di mettere in luce quelle che sono le differenze tra l’uno e l’altro. Come accennato in precedenza, sono state riscontrate delle differenze sia nelle motivazioni che portano i minori a un gesto di questo tipo, sia riguardo al come avvengono le due tipologie di omicidio. A tal proposito, in diversi studi sono state prese in esame le casistiche di adolescenti autori dei due reati.

Per quanto riguarda i minori parricida, in uno studio di Corder e colleghi è emerso che questi commettevano il reato in risposta a continui abusi e maltrattamenti da parte dei genitori, avevano un legame di attaccamento più forte con la madre e non mostravano comportamenti violenti, al contrario risultavano essere ragazzi tranquilli, senza precedenti per crimini violenti; inoltre, generalmente, uccidevano i genitori in situazioni neutrali, per esempio, quando questi ultimi dormivano o guardavano la tv.

Nel caso dell’omicidio nei confronti di un estraneo, invece, è emerso che è più probabile che il reato venga commesso in gruppo, in quanto gli adolescenti cercano approvazione e hanno il desiderio di essere accettati dal gruppo dei pari. Le differenze riscontrate rispetto agli adulti parricidi e gli adolescenti omicida fanno sì che il parricidio commesso da un minore sia inserito in una categoria a sé stante, in quanto diverse sono le ragioni che portano il minore a compiere un gesto tanto estremo.

Tipologie di parricida

Dopo aver identificato i fattori che possono influire sulla scelta degli individui di commettere un reato di questo tipo, è possibile ricondurre a tre gruppi le principali caratteristiche del parricida:

Parricidio da Disordine Mentale:

  • Generalmente, i minori responsabili di omicidio multiplo rientrano in questa categoria; è più frequente negli adulti, sebbene una piccola percentuale di adolescenti autori di parricidio presenta disturbi quali depressione, il disturbo bipolare (Malmquist., 2010). Essi presentano una perdita di contatto con la realtà, deliri e allucinazioni e non ne sono consapevoli, nonostante i trattamenti nel corso degli anni. Un esempio di parricidio commesso da un adolescente con disordini mentali è stato descritto da Malmquist. Egli ha riportato il caso di un ragazzo di 15 anni che aveva ucciso il padre, in quanto diceva di avere da mesi dei pensieri malvagi ed era convinto che proprio il padre fosse responsabile di questi pensieri. Per questo motivo decise di ucciderlo per liberarsi da questi pensieri.

Parricidio da Personalità antisociale:

  • Cadono in questa categoria tutti gli individui che uccidono i genitori per un fine strumentale o egoistico. Questa tipologia di personalità fa riferimento all’adolescente con disturbo della condotta che, in età adulta può evolvere in disturbo antisociale di personalità. Generalmente, gli adolescenti con disturbo della condotta tendono a non avere rispetto per le regole sociali appropriate all’età, assumono atteggiamenti e comportamenti aggressivi nei confronti di esseri umani e animali, senza avere alcun rimorso. Spesso, la condotta di questi ragazzi è influenzata dall’ambiente familiare, in quanto può essere un modo per sfuggire ai problemi presenti in famiglia. Inoltre, essi hanno difficoltà nella gestione dello stress, ragion per cui risultano essere imprevedibili.

Parricidio da Minore abusato

  • Il maggior numero di parricidi è commessi da adolescenti che, dopo anni di abusi e maltrattamenti da parte di uno o di entrambi i genitori, hanno pensato che uccidere fosse l’unica via d’uscita per essere liberi.

Queste tre tipologie non si escludono a vicenda; anzi, spesso, per esempio, potrebbe emergere un disordine mentale soltanto in seguito al reato commesso oppure un giovane con disturbo della condotta potrebbe manifestare comportamenti aggressivi in risposta a delle problematiche legate al contesto familiare.

Il caso dei fratelli Menendez

Ne è un esempio il caso dei fratelli Menendez, responsabili dell’omicidio di entrambi i genitori. Essi dichiararono di essere stati abusati dai genitori, tuttavia, le motivazioni che portarono i due ragazzi a prendere tale decisione, erano legate a questioni economiche; inoltre, essi non presentavano le caratteristiche tipiche dei ragazzi maltrattati (non hanno mai cercato di scappare o di chiedere aiuto per gli abusi subìti, hanno inventato un alibi, confessando gli omicidi dopo anni). Questo specifico caso mette in luce un ulteriore aspetto circa le famiglie disfunzionali: i bambini cresciuti in un contesto familiare in cui i genitori sono negligenti o li maltrattano sono più vulnerabili e hanno una maggiore probabilità di sviluppare un disturbo della condotta.

La violenza endo-familiare e il parricidio

La famiglia da sempre è considerata un luogo sicuro in cui trovare conforto e protezione dalle minacce esterne. Tuttavia, si tratta di un luogo comune che non può essere sempre confermato. Nella maggior parte dei casi la motivazione che porta i minori a compiere questo gesto è legata ad una storia di abusi alle spalle e, quindi, ad un sistema familiare disfunzionale. Ciò nonostante, il disagio del minore che uccide un ascendente non è soltanto da ricercare nei maltrattamenti fisici da parte dei genitori. Infatti, sono tante le variabili da prendere in considerazione quando si parla di famiglia disfunzionale, per esempio, ridotte cure parentali, una storia di maltrattamenti nei genitori, un ridotto attaccamento, la presenza di psicopatologia nei genitori.

La violenza endo-familiare e il parricidio

Il maltrattamento sui minori esemplifica un ambiente relazionale disfunzionale che pone il minore di fronte ad un alto rischio di essere influenzato negativamente nello sviluppo biologico e psicologico attraverso un ampio spettro di domini di funzionamento. Infatti, le condizioni sociali, biologiche e psicologiche associate al maltrattamento aumentano la probabilità di fallimento e di risoluzione positiva dei principali problemi legati alle fasi dello sviluppo, con conseguenti gravi implicazioni per il funzionamento durante tutto l’arco della vita, rendendo il minore più vulnerabile alla psicopatologia e al disadattamento.

Effetto domino del trauma infantile

Il trauma infantile interferisce con il normale sviluppo del sistema nervoso; in particolare si producono risposte disadattive del sistema nervoso autonomo, un’alterazione dell’asse ipotalamoipofisi-surrene, un ridotto volume dell’amigdala e dell’ippocampo, una riduzione del metabolismo della corteccia prefrontale, una ridotta connettività fra le strutture dell’emisfero destro, importante nei primi anni di vita, una disregolazione della risposta allo stress che, di conseguenza, favorisce lo sviluppo di strategie di coping disadattive, con maggiori probabilità di sviluppare comportamenti antisociali. In questo contesto si sviluppa una ridotta capacità di mentalizzazione, di attribuire significati e la rappresentazione simbolica, impedendo l’elaborazione e l’integrazione del ricordo traumatico nella memoria dichiarativa. Nello specifico, i pensieri e le emozioni legate a quell’evento non vengono memorizzate come un tutto, restando, quindi, divise in rappresentazioni separate. Pertanto, la memoria implicita procedurale predomina rispetto a quella dichiarativa.

È Possibile prevedere il parricidio?

Diversi autori si sono chiesti se fosse possibile prevedere il parricidio; a causa della rarità di questa tipologia di omicidio è pressoché impossibile, soprattutto nei casi di minori maltrattati. Nello specifico, sono stati somministrati degli strumenti di assessment per la valutazione del rischio di violenza nei giovani e dei tratti psicotici, ovvero, The Structured Assessment of Violence Risk in Youth (SAVRY) e The Psychopathy Checklist: Youth Version (PCL: YV). I risultati hanno riportato un punteggio basso in entrambi i test, confermando l’ipotesi dell’impossibilità di prevedere il parricidio, poiché quasi tutti i colpevoli presentano delle caratteristiche in comune che riducono notevolmente la possibilità di previsione del rischio di comportamenti violenti: alcun precedente di condotte violente e assenza di precedenti. Inoltre, nella maggior parte dei casi sono presenti le seguenti caratteristiche:

  • L’autore del reato è un minore di sesso maschile;
  • La vittima è principalmente il padre;
  • L’arma utilizzata è la pistola (generalmente trovata in casa);
  • Il parricida presenta un passato di maltrattamenti in famiglia;
  • Gli altri componenti della famiglia sono a conoscenza dei maltrattamenti perpetrati dal genitore;
  • Il minore uccide per porre fine ai maltrattamenti;
  • La vittima viene uccisa in circostanze non conflittuali.

Il fatto che gli adolescenti abbiano, tendenzialmente, un funzionamento sociale adeguato, nessun precedente di comportamenti violenti, rende il parricidio meno prevedibile, in quanto il giovane risulta essere agli occhi di tutti un ragazzo tranquillo. Al contrario, nei minori con disturbo della condotta è emerso un punteggio più alto nei test somministrati.

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