Il comportamento omicida femminile, le donne serial killer

Donne serial killer
Giacomo Piperno

*A cura di Giulia Di Franco

“Il rosa non è altro che un rosso sangue sbiadito da troppi lavaggi”

(Dr.sa Federica Falco)

Dai primi studi risalenti alla fine dell’800 si è ipotizzato che la donna uccidesse in quantità minore rispetto all’uomo per via della sua conformazione anatomica e fisica, più delicata e debole, e che la mentalità criminale si manifestasse in modo diverso, per esempio con la prostituzione piuttosto che con gli omicidi. Viene da chiedersi il perché. Sebbene si sia ancora legati, in un certo qual modo, al cliché della donna “tutta casa e chiesa”, si è visto che la ella è capace di uccidere quanto l’uomo, anche se in misura minore e utilizzando in primis la mente come arma ricorrendo per esempio alla seduzione o all’astuzia o alla malizia. Gli studi recenti infatti hanno evidenziato che le donne, anche le omicide seriali, agiscono più per motivi di fama, vendetta, profitto mentre per gli uomini quasi sempre le motivazioni sono legate agli impulsi sessuali. Gli uomini, inoltre, tendono di più a completare le loro azioni con atti di crudeltà e sadismo sulle vittime, mentre le donne, a parte rare eccezioni, non infieriscono ulteriormente su di loro.

La Donna Omicida

L’omicidio è il crimine più comune e reiterato del quale l’essere umano si è macchiato sin dalla notte dei tempi e dal quale – non è una contraddizione – nasce e si sviluppa la storia stessa dell’umanità dove anche la necessità di uccidere potrebbe essere stata inevitabile ai fini della sopravvivenza. A partire da Caino la storia racconta che il primo omicidio è stato commesso da un uomo e, secondo le cronache avallate dalle statistiche, nel corso dei secoli, le donne ne hanno commessi in misura minore rispetto agli uomini.

 I criminologi moderni sono tutti concordi nell’affermare che il fattore ambientale, ed in particolare famiglia ed educazione, siano fondamentali per un sano sviluppo sociale e mentale dell’individuo, indipendentemente dal sesso. Nel passato, invece, i primi studi in materia, eseguiti da Cesare Lombroso, uno dei primi criminologi del XIX secolo, portarono a pensare che la causa principale arrivasse dalle caratteristiche anatomiche, differenti nell’uomo e nella donna, e che queste determinassero la dinamica di comportamento. Egli infatti definiva l’assassino “criminale per nascita” asserendo che il comportamento criminale derivasse e si associasse agli aspetti anatomici dell’individuo, diversi da quelli di un uomo normale, concludendo che l’azione criminale fosse ereditaria.

Nelle donne il fattore fisico era preponderante: peso e statura inferiori ed una indole più passionale la rendevano meno capace di uccidere e più che sfociare nell’atto criminale, questo impulso veniva canalizzato nella cattiva condotta: “in generale, però, la donna antica e selvaggia, come la moderna e civile, benché come vedemmo sia più cattiva che buona, commette meno delitti dell’uomo (….) questo fatto parve a uno di noi così strano, che sospendemmo le ricerche e ci demmo a cercare quale fosse l’equivalente della delinquenza maschile che ristabilisce anche nel delitto quell’equilibrio tra maschio e femmina che esiste in tutta la scala animale e la trovammo nella prostituzione”.

Allo stesso tempo, essendo più istintive ed impulsive, nel momento in cui si fossero rese colpevoli di omicidi, avrebbero potuto commettere delitti più efferati rispetto a quegli degli uomini. Solo verso la fine della sua carriera prenderà in considerazione il fattore ambientale, l’educazione e la cultura aprendo le porte ai successivi studi e alle interpretazioni moderne secondo le quali il patrimonio genetico non influisce sulla capacità di uccidere. La donna, quindi, ha la stessa capacità di uccidere dell’uomo anche se spesso utilizza altre dinamiche e ha motivazioni diverse.

L’Omicidio Seriale

Per serial killer si intende un/una pluriomicida che opera in modo ripetitivo e maniacale uccidendo persone con caratteristiche comuni in una sequenza temporale più o meno regolare con un modus operandi specifico. Di solito le vittime individuate ricordano all’omicida la figura verso la quale prova rabbia attivando un impulso irrefrenabile altrimenti detto compulsione e una sorta di processo vendicativo dei quali non può fare a meno. Dopo aver agito in modo “obbligato” o “strumentale”, modalità utilizzate per compiere gli atti, innesca una serie di processi che esprimono il suo intimo bisogno (atti istintivi: incontrollabilità, per esempio l’overkilling oppure autoconservativi: scaltrezza nel depistare).

La definizione serial killer è un termine abbastanza recente in quanto il fenomeno è sempre esistito ma non considerato tale, così come la causa, a lungo limitata alla sola sfera dei disturbi sessuali. Solo verso la fine del XX secolo si è arrivati ad una definizione più ampia nella quale sono state riconosciute altre patologie. Fino agli inizi degli anni ’80 del secolo scorso, infatti, veniva utilizzata una più generica definizione di multiple killer, omicida multiplo, che includeva tutti i casi nei quali un soggetto uccideva più di una volta.

Omicida femminile

La donna SERIAL KILLER

Senza dubbio nell’immaginario collettivo, il termine serial killer evoca assassini pluriomicidi di sesso maschile probabilmente perché, soprattutto nei secoli passati, la donna è sempre stata considerata innocua o insospettabile assassina. La figura della donna è sempre stata associata a quella della madre accudente, della moglie devota, dell’angelo del focolare, affidabile e protettiva, un porto sicuro all’interno della famiglia e via via della società quando, con l’emancipazione femminile, ha cominciato a muoversi anche al di fuori delle mura domestiche. Si è visto però che quegli stessi ruoli decantati ed osannati nella letteratura antica e moderna, basti pensare alla donna angelicata del dolce stilnovo o alla considerazione più recente ma non meno efficace “l’altra metà del cielo”, se letti con un’accezione negativa si rivelino il rovescio della stessa medaglia. La madre accudente diventa l’infanticida, la moglie devota la vedova nera, l’angelo del focolare l’angelo della morte, le cui azioni purtroppo devono essere sovente declinate al plurale allorché non circoscritte ad un unico episodio. Anche la donna, quindi, può essere definita serial killer.

LA VEDOVA NERA

Definizione: E’ il termine utilizzato per indicare chi agisce soprattutto nell’ambiente familiare uccidendo mariti ed amanti con i quali ha rapporti amorosi o sessuali quando questi non vengono ritenuti più utili o idonei ai suoi scopi.

Caratteristiche: E’ intelligente, pianificatrice, manipolativa, metodica, paziente e molto organizzata e generalmente inizia a compiere i primi omicidi superati i 20-30 anni di età. E’ molto abile nel conquistare la fiducia delle vittime e agisce in un periodo di tempo molto lungo, riuscendo ad evitare che sorgano sospetti contro di lei. Spesso agisce in preda a delirio erotomane. Raramente si accanisce contro altre donne e se questo avviene è solo per eliminare una possibile rivale che potrebbe intromettersi nei suoi piani ed allontanare la “preda maschile”.

Motivazioni: I motivi che la spingono a compiere questi atti derivano principalmente dalla ricerca spasmodica di guadagno materiale o dalla sete di potere e controllo. Modus operandi: Il metodo di gran lunga più utilizzato è il veleno (arsenico, stricnina, cloruro di potassio), un mezzo attraverso il quale con somministrazione lenta e costante si può indurre la morte della vittima senza che la causa reale possa essere facilmente individuata oppure la simulazione di incidenti domestici.

Grazie al rapporto di fiducia fornito dal contesto familiare che lei stessa ha contribuito a creare, colpisce in modo subdolo la vittima, totalmente vulnerabile e in alcun modo diffidente, riuscendo a celare le reali cause di morte che solitamente vengono attribuite a cause naturali. Da qui la definizione di vedova nera in quanto le dinamiche di azione sono facilmente ascrivibili a quelle del ragno letale, uno dei più velenosi, dove la femmina tesse la sua trama per attirare il maschio e dopo l’accoppiamento lo elimina con una dose letale del suo veleno (cosiddetto filo nascosto).

Vera Renczi

Uno dei casi più ricordati nella lista delle cosiddette vedove nere è quello della ungherese Vera Renczi che negli anni ’20 del secolo scorso assassinò due mariti, un figlio e 32 amanti. Viene descritta come gelosa e possessiva e sin dalla prima adolescenza comincia a manifestare un costante desiderio di compagnia maschile e rapporti sessuali. Convinta di essere tradita, uccide il primo marito con l’arsenico, giustificando la sua scomparsa con l’abbandono. Si sposa una seconda volta e, sempre certa di relazioni extra coniugali da parte del coniuge, lo elimina avvelenandolo continuando a raccontare a tutti, polizia compresa, di essere stata abbandonata. Successivamente si circonda di amanti, con i quali intreccia relazioni più o meno clandestine, che a volte spariscono anche nel giro di alcuni giorni e quando viene coinvolta nelle indagini continua ad asserire di essere stata abbandonata e non avere più notizie. Solo a seguito della denuncia della moglie di uno di loro, la polizia durante una perquisizione accurata riesce a trovare nello scantinato 32 bare di zinco con i resti degli amanti. Alla fine confessa gli omicidi incluso quello del figlio, avuto dal primo marito, che l’aveva scoperta. Ammette di averli avvelenati per via della loro certa o presunta infedeltà o nel momento in cui non prova più interesse per loro e che uno dei suoi “passatempi” preferiti è quello di sedersi sulla sua poltrona in mezzo alle bare.

L’ANGELO DELLA MORTE

Definizione: E’ il termine utilizzato per definire la serial killer che agisce su persone che sono affidate alle sue cure o alle quali deve prestare supporto medico o altri tipi di attenzioni. L’Angelo della Morte, secondo la tradizione religiosa è l’angelo che decide chi deve morire. Inizia ad uccidere dopo i 20 anni.

Caratteristiche: E’ una donna il cui ruolo primario è quello di occuparsi e assistere persone malate o bisognose di cure, deboli o indifese, per lo più anziani e alle volte bambini. Soffre di uno o più disturbi della personalità (borderline, istrionica, narcisistica, ossessivo-compulsiva). Agisce prevalentemente negli ospedali o in case di cura dove può tranquillamente esprimere il suo desiderio di controllo sulla vita delle altre persone sostituendosi appunto all’angelo della morte, senza che nessuno possa sospettare di lei. E’ considerata un’assassina “sedentaria” poiché riesce a trovare le sue vittime nell’ambiente di lavoro senza avere alcuna necessità di spostarsi.

Motivazioni: E’ spinta da un bisogno compulsivo di uccidere dettato da un delirio di onnipotenza. E’ l’unica categoria nella quale la donna killer non manifesta propensioni sessuali. Raramente viene scoperta in quanto riesce facilmente a nascondersi dietro la sua mansione. Quando questo accade non confessa quasi mai “negando in modo ossessivo ogni accusa mediante un meccanismo di scissione della personalità”; se avviene, giustifica le sue azioni in modo razionale convinta che il suo unico scopo sia quello di alleviare le sofferenze delle sue vittime e di agire nel loro interesse con atti di misericordia nei loro confronti attraverso l’eutanasia.

Sonya Caleff

E’ storia piuttosto recente quella di un’infermiera di Como, Sonya Caleffi, che nei primi anni duemila è stata responsabile di circa una ventina di omicidi nelle case di cura nelle quali ha lavorato. Sebbene sin dall’adolescenza soffra di depressione e anoressia nervosa, probabilmente accentuate da una figura materna altrettanto instabile, riesce ad ottenere il diploma di infermiera e comincia a lavorare in diversi ospedali della provincia di Como. E’ nella struttura Sant’Anna che comincia ad agire uccidendo almeno 8 degenti, tutti in fase terminale, iniettando aria e causando un’embolia. Successivamente lavora presso l’ospedale Manzoni di Lecco nel quale, nell’arco di circa due mesi, provoca la morte di almeno 18 persone sempre con la stessa metodologia. La scoperta viene fatta dalla direttrice del nosocomio che fa aprire le indagini grazie alle quali vengono alla luce anche gli omicidi commessi in precedenza. Si scopre anche che negli anni precedenti aveva cercato di suicidarsi almeno 3 volte e che era solita trascrivere su dei taccuini trovati nella sua casa i quadri clinici nonché le morti dei suoi pazienti, prove schiaccianti della sua colpevolezza.

ALTRE TIPOLOGIE DI DONNA SERIAL KILLER

Quale ulteriore espansione del concetto di donne serial killer, probabilmente perché la definizione è in continua evoluzione ed oggetto di studio, potremmo includere anche le seguenti categorie:

  • LA VENDICATRICE – La donna serial killer vendicatrice agisce con lo scopo di punire un torto ricevuto, vero o presunto. Spesso si accanisce contro i bambini che le sono affidati in cura: infermiere o babysitter, in alcuni casi madri che utilizzano i figli come arma contro il proprio marito. Inizia intorno ai 20 anni, senza periodo di raffreddamento emozionale tra un atto e l’altro.
  •  L’ASSASSINA PER PROFITTO – La vedova killer per profitto uccide con l’unico obiettivo di ottenere un guadagno economico. E’ calcolatrice, manipolatrice, organizzata.
  • L’ASSASSINA IN GRUPPO – Agisce insieme ad altre donne o uomini. In alcuni casi non è l’esecutrice materiale dell’omicidio ma, sopraffatta dalla personalità predominante del partner, appoggia e sostiene le sue azioni impegnandosi ad aiutarlo nella preparazione (individuando e adescando le vittime, per esempio). Nel caso di gruppi formati da sole donne c’è sempre una figura di riferimento con una personalità più spiccata alla quale le altre componenti si assoggettano.
  • L’ASSASSINA PSICOTICA – Soffre di psicosi, il quadro clinico mostra molteplici disturbi psicologici e psichiatrici ed 20 agisce in preda ad un delirio interiore accompagnato da allucinazioni. Il modus operandi può variare in base alla vittima e alle circostanze.
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