Diritto del minore alla bigenitorialità

Diritto del minore alla bigenitorialità
Giacomo Piperno

*A cura di Denise Bruni

La valutazione genitoriale comprende un lavoro di ricerca e contributi della psicologia clinica e dello sviluppo, della neuropsichiatria infantile, della psicologia giuridica e psichiatria forense, della psicologia della famiglia. Le applicazioni decisionali assunte dal Tribunale Ordinario e dal Tribunale per minorenni coinvolgono per la tutela giurisdizionale i diritti dei minorenni coinvolti direttamente o indirettamente nei procedimenti giudiziari. Gli accertamenti che il professionista è chiamato a fare sulle capacità genitoriali deve rispettare sempre e comunque il diritto del minore.

Il legislatore che dal 2006 colloca infatti in primo luogo, il diritto del figlio alla bigenitorialità utilizzando i vari criteri minimi, riassumibili in:

1) Criterio del cosiddetto genitore psicologico

2) Criterio del desidero autentico dei figli

3) Criterio della riflessività

4) Criterio dell’accesso

L’esperto chiamato dal giudice quindi dovrà valutare quali siano le condizioni più consone per la prole, per il loro diritto di continuare ad avere un rapporto equilibrato con entrambe le figure genitoriali anche dopo la rottura del loro nucleo familiare.

Affidamento condiviso

L’elemento essenziale dell’affidamento condiviso è l’assunzione della responsabilità educativa da parte di entrambi i genitori. Elemento innovativo della legge è quello di aver esteso il concetto di famiglia nucleare anche i parenti di entrambi i genitori. Questo insieme di relazioni familiari permette una saldatura generazionale per lo sviluppo della personalità del minore.

Per cui l’art.317 bis c.c, come sostituito dall’art.42d.lgs.154/2013, in esecuzione della delega prevista dall’art.2 della L.219/2012, è stato espressamente dedicato ai “Rapporti con gli ascendenti che hanno il diritto di mantenere il rapporto significativo con i minorenni. L’ascendente al quale è impedito l’esercizio di tale diritto può ricorrere al giudice del luogo di residenza abituale del minore affinché siano adottati i provvedimenti più idonei nell’esclusivo interesse del minore.”

Affidamento Condiviso

Con l’affidamento condiviso si vedono i diversi progetti che puntano a rendere efficace l’applicazione dell’affido condiviso a tutela della bigenitorialità. La norma nasce dall’esigenza di un maggior coinvolgimento di entrambi i genitori, evitando di favorire “l’assunzione di responsabilità per delega”, per cui il genitore che versa economicamente attraverso l’assegno deciso dal giudice, riversa all’altro genitore il compito di cura e educazione dei figli minori. La legge 54/2006 ha introdotto la mediazione familiare come strumento di riduzione delle litigiosità e avvio ad un processo di responsabilizzazione educativa.

Ruoli e responsabilità genitoriale

Dal punto di vista psicologico essere genitori comporta la ricerca di un equilibrio, un bilanciamento tra l’assunzione del nuovo ruolo e gli impegni di coppia, lavorativi e familiari, cioè la capacità di negoziare ruoli e responsabilità genitoriali attraverso la capacità di integrarsi con l’altro nella cura del figlio, pur svolgendo allo stesso tempo, una funzione distinta come interazioni e accettare le differenze tra le interazioni madre-figlio e padre-figlio. Dopo pochi mesi dalla nascita il neonato è in grado di distinguere la figura materna da quella paterna, sperimentando le sensazioni fisiche diverse a contatto con l’uno piuttosto che con l’altra.

La madre ha l’essenziale funzione di fornire al bambino una base sicura, cioè di far stabilire i legami e di relazioni in modo che attraverso il nutrimento, affetto, protezione, conforto, sostegno, dedizione e cure costanti adeguate, il bambino si senta protetto. L’interiorizzazione da parte del piccolo dei comportamenti materni e dell’amore che essa è stata in grado di trasmettergli nei primi anni di vita, renderà quella base una struttura interna capace di consolarlo e rassicurarlo lungo tutto l’arco della sua esistenza. Non solo attraverso il gioco e le interazioni che ruotano attorno ad esso, la madre stimola il dialogo e lo sviluppo dell’autostima ed è per questo che rappresenterà sempre un porto sicuro dal quale il figlio potrà partire, proprio perché certo di potervi tornare.

In modo parallelo il padre con la sua presenza e il suo modo maschile di muoversi e giocare, offre al figlio la possibilità di riconoscerlo e differenziarlo dalla figura materna. Infatti da subito il padre ricopre importanti funzioni ed il suo ruolo va osservato in particolar modo all’interno della triade, poiché una sua caratteristica fondamentale è proprio quello di fungere da mediatore nel processo di separazione madre-bambino.

 “Il bambino porta avanti il suo continuo lavoro di adattamento al mondo esterno prevalentemente attraverso la figura paterna, imitandolo ed accettandone o meno le imposizioni; non solo il padre si delinea come figura insostituibile negli equilibri educativi, nella formazione dell’identità, nello sviluppo dell’autostima e nell’orientamento sessuale del piccolo…” – Giovanni Bollea, padre della moderna neuropsichiatria infantile afferma che nei primi anni di vita.

La costruzione di una relazione significativa, sicura e costante con la figura paterna, favorisce quindi sia lo sviluppo emotivo del bambino, sia il suo adattamento sociale. Quindi il padre risulta una figura pienamente coinvolta nell’interazione coi figli. Ovvio che le mutate condizioni socioculturali degli ultimi decenni, hanno avuto un grande peso nella ridefinizione del ruolo paterno, basti pensare all’elevato accesso delle donne al mondo del lavoro coinvolgendo così in modo attivo la cura e l’educazione dei figli da parte del padre.

Anche l’aumento dei casi di separazione e divorzio, ha fatto sì che un numero sempre maggiore di papà, si ritrovasse a far fronte a compiti di accudimento che un tempo erano prerogativa delle mogli.

Il principio della bigenitorialità è ascrivibile anche alle coppie coese, proprio perché è fondamentale che vi sia una pariteticità nella crescita dei figli. Questo principio consolidato da tempo in molti stati europei, presente anche nella Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia (New York, 20.11.1989), definisce che il minore come soggetto di diritti e non solo quale destinatario di protezione e tutela debbano ricevere affetto, educazione e cure da entrambi i genitori.

La bigenitorialità cambia il focus del legislatore dai genitori ai figli, mettendo i genitori come custodi responsabile della loro prole.

Ruoli e responsabilità genitoriale

Il d.lgs. n.154 del 2013, entrato in vigore nel febbraio 2014, sancisce che i genitori non hanno potere sui figli, quindi la “potestà genitoriale si trasforma in responsabilità genitoriale. Dal punto di vista della coppia genitoriale rafforza un principio di assoluta parità dove nessun genitore può esprimere una potestà, o un diritto che sia svincolato da quello dei figli. I genitori condividono alla pari senza privilegio o di supremazia. Escludere l’altro genitore in modo illegittimo costituisce un elemento di responsabilità nei confronti dei figli.”

L’art.337 ter del Codice civile cita testualmente “Il figlio minore ha il diritto di mantenere il rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e di conservare i rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale.”

 Questo principio non implica che il minore trascorra lo stesso tempo con entrambi i genitori ma che questi partecipano attivamente al progetto educativo, di crescita e di assistenza della prole, in modo da creare un rapporto equilibrato che in nessun modo risenta dell’evento “separazione”.

Il diritto alla bigenitorialità

Il diritto alla bigenitorialità è il diritto del figlio minore di crescere e vivere la propria vita insieme ad entrambi i genitori. Il Codice Civile lo definisce come il diritto del figlio minore di “mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale.”

La valutazione delle competenze genitoriali presso il Tribunale per i minorenni

Il problema nasce quando i genitori cessano di convivere e la rottura della loro relazione si trasforma in modo negativo sul rapporto con i figli. Il principio di bigenitorialità non comporta l’applicazione di una proporzione matematica in termini di parità dei tempi di frequentazione del minore. Con tale principio, si deve garantire che non si innescano meccanismi di ricatto che si generano nella coppia. Tutto ciò viene tutelato dal giudice competente che valuta caso per caso, determina i tempi e le modalità della presenza presso ciascun genitore, fissandone il domicilio presso entrambi, salvo diversi accordi dei genitori.

 La bigenitorialità non significa che deve esserci una divisione assolutamente identica e paritaria del tempo che ogni genitore deve trascorrere coi figli. Quando una coppia si divide infatti uno dei due viene definito genitore collocatario (collocamento prevalente), cioè si intende la residenza stabile del figlio o dei figli presso uno dei genitori e per questo motivo chiamato genitore “collocatario”. Il genitore collocatario si contrappone quello non collocatario a cui viene riconosciuto il diritto di visita, ossia la possibilità di tenere con sé il figlio, in genere due, tre giorni alla settimana, a weekend alternati, dopo essersi accordati sui tempi e i modi con l’altro genitore.

 Due modi diversi di fare il genitore che comportano anche obblighi diversi sul fronte economico. Il collocamento prevalente comporta infatti che il genitore non collocatario debba provvedere al mantenimento dei figli quando non sono con lui, attraverso il mantenimento indiretto che consiste nel versamento di una somma solitamente mensile, da corrispondere all’altro genitore, che invece soddisfa in modo diretto le esigenze dei figli.

Bigenitorialità: consulenza tecnica d’ufficio – CTU

La valutazione delle competenze genitoriali viene normalmente effettuata attraverso una consulenza tecnica d’ufficio. Ai sensi dell’art.61 C.P.C. il giudice può farsi assistere da uno o più consulenti tecnici quando per la risoluzione della controversia sono necessarie cognizioni in materie specifiche, come nel caso della valutazione delle competenze genitoriali, che il giudice non conosce. Infatti il giudice tutte le volte che ha necessità di ottenere una valutazione delle competenze genitoriali al fine di adottare un provvedimento relativo ai figli dovrà avvalersi di un CTU, che può essere un professionista come uno psicologo, uno psichiatra, o un neuropsichiatra infantile. Il giudice nomina il CTU che dovrà comparire per il giuramento e per il conferimento dell’incarico e a quel punto saprà i termini fissati per il deposito della relazione. La relazione viene trasmessa dal consulente, alle parti entro i termini indicati dal giudice nell’ordinanza resa all’udienza.

La CTU in questo caso visto che tratta l’ambito familiare deve essere competente sulle responsabilità e competenze genitoriali sia nel caso fossimo nel tribunale ordinario che in quello minorile. In qualsiasi caso il giudice di merito può disattendere le argomentazioni tecniche contenute dalla relazione del CTU, sostituendola con le proprie cognizioni tecniche personali ma è obbligato a motivare le ragioni che lo inducono a discostarsi dalle valutazioni formulate dal CTU.

Un caso può essere trattato o nel tribunale ordinario o nel tribunale per i minorenni, le differenze sono dovute per competenze cioè il tribunale per minorenni si occupa della procedura di adottabilità, affido intra/etero familiare e nei procedimenti, relativi alla limitazione della responsabilità genitoriale.

Il diritto alla famiglia, che ogni bambino dovrebbe avere, rappresenta il punto centrale quando la coppia si separa e l’affidamento della prole rappresenta un aspetto fondamentale nella disciplina psicologica che giuridica. Il principio di bigenitorialità in situazioni di conflittualità tra gli ex coniugi dovrebbe far riflettere sulla loro capacità di responsabilizzazione di entrambi capendo che la responsabilità genitoriale non comporta una ripartizione uguale del tempo da trascorrere con i figli ma una maggior sensibilità verso i propri doveri genitoriali di cura verso i figli.

I principi cardine dell’affidamento condiviso, sintetizzabili nel diritto del figlio di mantenere rapporti equilibrati e continuativi con entrambi i genitori per continuare a ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da ciascuno di essi, sono spesso disattesi, infatti la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha condannato in diverse occasioni l’Italia per non aver assicurato una tutela alla bigenitorialità.

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