Diagnosi psicopatologica e capacità genitoriali


- Posted by Giacomo Piperno
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*A cura di Michela Campioli
Quando parliamo di capacità genitoriali intendiamo quell’insieme di capacità e attitudini che consentono di offrire cure adeguate ai bisogni del bambino, di riconoscere i suoi bisogni affettivi, di offrire contenimento e regolazione dei suoi stati d’animo, ma anche di dare dei limiti e delle regole.
In materia di affidamento minorile, anche grazie alle legge n. 54 dell’8 Febbraio 2006 sull’affidamento condiviso, si definisce l’importanza per i minori di mantenere relazioni con entrambi i genitori ed i sistemi familiari allargati, qualora questa condizione sia applicabile nel superiore interesse del minore sesso. La valutazione delle capacità genitoriali riguarda i genitori ed il bambino e le interazioni tra loro. Valorizza contributi multidisciplinari derivati dalla psicologia clinica e dello sviluppo, dalla psicologia sistemica e familiare, dalla psicologia sociale, dalla psicologia giuridica e forense e dalla psichiatria e neuropsichiatria infantile.
La funzione genitoriale
Prendersi cura di un figlio costituisce un complesso di attività finalizzate a promuovere e sostenere lo sviluppo psicofisico del bambino. Per raggiungere un accrescimento sano, armonioso ed adeguato all’età è fondamentale che si realizzi un buon adattamento tra stadio di crescita e ambiente, tra esigenze del bambino e opportunità offerte all’ambiente sociale.
Si tratta di una funzione complessa che implica la capacità di comprendere i bisogni dell’altro, di proteggerlo e di accudirlo riconoscendone la soggettività, in molteplici situazioni che richiedono l’attivazione di competenze di cura a livello fisico e affettivo-relazionale, nonché l’attivazione del proprio mondo relazionale.
Secondo una visione dinamico-evolutiva, la funzione genitoriale può essere definita come una funzione autonoma e processuale dell’essere umano, pre-esistente e parzialmente indipendente dalla generatività biologica che è soltanto una delle sue espressioni, fondamentale ma necessaria.
La capacità di occuparsi di un’altra persona, inoltre, prescinde dal legame biologico con essa rimanendo legata alle caratteristiche individuali delle persone coinvolte nella relazione. Da questo punto di vista la genitorialità viene definita come una funzione processuale, quindi una competenza plastica che si modella e ridefinisce al variare delle condizioni socio-ambientali-culturali e delle relazioni.
Genitorialità, storia ed evoluzione del concetto
Negli anni’70 Gordon promuove i Parent Effectives Training (P.E.T.) che in Italia diventano successivamente i corsi per “Genitori efficaci”. Parallelamente Levin introduce il concetto di obiettivi universali, sostenendo che vi sono tre obiettivi, perseguiti in ordine gerarchico da tutti i genitori nell’educazione dei propri figli:
- Sopravvivenza
- Benessere economico
- Autorealizzazione.
Una volta raggiunto il primo si può passare a quello successivo. Una corrente più psicologica introduce il concetto di genitorialità come elemento fondante della personalità di ogni persona. Eric Berne definisce “genitore interno” l’interiorizzazione di tutte le relazioni e interazioni reali o fantastiche che il bambino instaura con le figure adulte significative che si occupano di lui. Su queste basi si sviluppano anche le teorie dell’attaccamento tra le quali spiccano i Modelli Operativi Interni proposti da Bowlby, che costituiscono una griglia di lettura del mondo, che si basano sulla classificazione di 4 tipologie di attaccamento:
- Attaccamento sicuro
- Attaccamento insicuro-evitante
- Attaccamento insicuro-ambivalente
- Attaccamento disorganizzato.
In questa cornice le esperienze reali con le figure di attaccamento vengono interiorizzate in modelli reali. Erikson individua nello stadio da lui definito “Generatività” l’aspetto evolutivo più importante in quanto racchiude tutto ciò che ha reso l’uomo un essere che “si occupa di”.
Generatività e genitorialità
La generatività è al culmine dello sviluppo psicosessuale e psicosociale, ha notevoli ripercussioni sull’intera società, in quanto le relazioni affettive autentiche di coppie consapevoli della loro identità, dei loro obiettivi e compiti contribuiscono alla crescita propria e delle nuove generazioni, trasformando il legame di coppia nello snodo che rappresenta i passaggio da oggetto di cura a caregiver. Mentre il concetto di generatività è focalizzato soprattutto sulla generazione e la guida delle nuove generazioni, con un significato prettamente sociale e culturale, la genitorialità rappresenta il momento evolutivo più maturo della dinamica affettiva in cui si concentrano tutte le esperienze della propria storia affettiva, contrassegnato da una crescita psicologica e relazionale non scevra da ambivalenze, contraddizioni, crisi.
Modello Parenting
Visentini propone un modello di parenting orientato definire il ruolo genitoriale in termini di finalità psico-sociali sulla base della meta-analisi delle principali teorie psicologiche sullo sviluppo del bambino e sulle relazioni familiari.

Visentini definisce otto funzioni genitoriali:
- Funzione protettiva basata sulla presenza del genitore con il bambino;
- Funzione affettiva intesa come la capacità di sintonizzarsi con la sfera emotiva dell’altro;
- Funzione regolativa genitoriale che può essere iperattiva, ipoattiva o inappropriata;
- Funziona normativa capacità del genitore di stabilire regole e confini sufficientemente flessibili da permettere al figlio di accrescere la propria autonomia in sicurezza;
- Funzione predittiva individua la capacità del genitore di identificare e valutare la tappa evolutiva successiva per rapportarsi in maniera adeguata al bambino in crescita;
- Funzione significante riguarda le attribuzioni del significato che il genitore da alle richiese del bambino;
- Funzione rappresentativa e comunicativa è costituita dalla capacità del genitore di saper comunicare con il bambino con registro e modalità consone al momento evolutivo dello stesso;
- Funzione triadica attraverso la quale il genitore ammette il bambino nella relazione genitoriale.
Conseguentemente, Lichtenberg allarga il concetto di genitorialità a tutte le persone che “si prendono cura”, la sua concezione è che la genitorialità si sviluppi qualora una persona attivi risorse in risposta ai bisogni di un’altra che si trovi in uno stato di dipendenza. Il principio che sta alla base del concetto di genitorialità si fonda quindi sulle capacità di cura dell’adulto verso il soggetto di cui si occupa, principio che può essere esteso ai genitori biologici ma anche ai nonni, insegnanti ecc.. Le funzioni di cura possono essere espresse sia verbalmente che non e possono essere modulate in base alle caratteristiche di chi si prende cura ma anche di chi riceve le cure, pertanto i genitori possono rapportarsi in maniera anche molto differente con figli diversi, o in tempi diversi di crescita dello stesso figlio.
Funzione triadica della genitorialità
La psicologia dello sviluppo è stata inizialmente caratterizzata, sia per la scelta dell’unità osservativa che come modello teorico, dallo studio di relazioni duali come unità primaria nello studio delle interazioni primarie, del paradigma dell’infant research e della teoria dell’attaccamento; da questo punto di vista, lo studio delle diadi madre-bambino e/o padre-bambino che sono state studiate separatamente e in modo indipendente, pur riconoscendone la complementarietà, hanno costituito la base della valutazione della componente interattiva della funzione genitoriale.
Famiglia come “insieme”
Il superamento del modello diadico deriva dalla concettualizzazione in senso triadico delle interazioni precoci, partendo dallo studio della “famiglia come insieme”. Secondo questa visione, la famiglia viene studiata come sistema gerarchicamente strutturato in sottosistemi definiti in base a funzioni diverse quali la coniugalità, la genitorialità e la cogenitorialità.
In tale direzione si erano già mossi autori di impostazione psicoanalitica che avevano ravvisato nel modello diadico evidenti limiti nella comprensione anche precoce dei percorsi interattivo-relazionali del neonato e del bambino; inoltre grande sviluppo ha avuto il lavoro di Fivaz-Depeursigne e CorbozWarney (1999) che, a partire da un modello sistemico-evolutivo, sta contribuendo a fornire nuove possibilità di studio alla triade madre-padre-bambino in evoluzione. Questa nuova prospettiva accende i riflettori sulla triade madre-padre-bambino considerato un sistema primario nello sviluppo delle interazioni nel primo anno di vita.
Il riferimento è un approccio sistemico-familiare, secondo cui la triade madre-padre-bambino viene definita come un sistema coevolutivo non riducibile alla somma dei sistemi diadici e individuali che la compongono. (FivazDepeursigne e Corboz-Warney,1999).
Nel corso dello sviluppo il bambino costruirebbe “schemi di appartenenza ad una triade” che implicano l’esperienza ripetuta di interazioni di cui madre, padre e bambino sono protagonisti. La qualità delle interazioni e le competenze interattive triadiche del piccolo evolverebbero, perciò, parallelamente a quelle diadiche non considerando un obiettivo evolutivo successivo a quello del raggiungimento delle competenze diadiche.
Schemi relazionali
Gli schemi relazionali si riferiscono a rappresentazioni “generalizzate” e gerarchicamente organizzate circa se stessi e l’altro con cui ci si relaziona, in cui la rappresentazione di sé è intrinsecamente associata alla rappresentazione dell’altro. Le variabili della personalità riferibili alla relazione genitore-figlio riflettono schemi che il genitore riferisce a tale relazione, la condotta parentale è determinata dalla rappresentazione mentale che il genitore ha del proprio bambino e della relazione con lui.
Gli schemi sono costituiti da un insieme di concetti correlati tra loro che modellano la percezione e l’interpretazione soggettive degli eventi e le successive modalità di azione (Stain e Young,1992). Secondo questi schemi la rappresentazione del sé è direttamente associata alla rappresentazione dell’altro. Nella mente del genitore sono rappresentate le modalità con cui prendersi cura del figlio e nella mente del figlio previsioni sulle modalità con cui il genitore si prende cura di lui. Ogni qualvolta il sistema di accudimento viene attivato il genitore seleziona una risposta comportamentale in base alla percezione e alla valutazione che egli fa, in maniera consapevole e inconsapevole, di un insieme di segnali provenienti nello stesso momento da altre quattro fonti diverse.
Contesto psicosociale
Diverse variabili psicosociali come le differenze di genere sia del genitore che del figlio, l’impiego della madre al di fuori del contesto familiare, l’ingaggio del padre nella cura dei figli ed il supporto psicosociale che i genitori ricevono, influenzano le modalità di percezione e gestione della transazione alla genitorialità e lo svolgimento dei compiti di cura funzionali ai bisogni e agli obiettivi evolutivi del figlio.
Differenze di genere
Il genere sessuale del figlio può influenzare il comportamento del genitore nei suoi confronti e provocare risposte diversificate. Vi sono aspettative, attribuzioni, stereotipi e pregiudizi propri della cultura di appartenenza che vanno ad influenzare la percezione del figlio in base al sesso. Sin dai primi mesi di vita infatti vi è una tendenza dei genitori a incoraggiare quei comportamenti che sono diretti all’assunzione del ruolo sessuale accettato dalla società di appartenenza. Anche il genere sessuale dei genitori condiziona l’esercizio del ruolo parentale. Solitamente, in ogni famiglia padri e madri hanno attitudini differente nei confronti della genitorialità e dei compiti familiari, che riflettono una più o meno pronunciata stereotipizzazione sessuale. Le differenze nei compiti parentali tra madre e padre sembrano essere determinate più da fattori culturali che biologici.
L’impiego della madre fuori casa
L’adattamento alla genitorialità risulta più complicato nelle coppie che vedono entrambi i genitori lavoratori, tuttavia sono rari i casi che sfociano in situazioni disadattive o di incapacità di gestione dello stress. Quando le donne sono sia madri che lavoratrici rischiano di essere sovraccariche di incombenze e di impegni, perché sono loro ad avere maggiori responsabilità domestiche e nella cura dei bambini, anche quando i compiti familiari sono attivamente condivisi dai mariti. Nonostante ciò, studi effettuati su madri lavoratrici che possono provvedere ai figli soltanto poche ore al giorno hanno mostrato come la continuità delle cure non sembri influire sulla qualità delle relazioni con il figlio né avere effetti diretti sullo sviluppo del bambino.

Il ruolo di padre
Esiste un’ampia differenza tra le diverse culture circa i compiti connessi con il ruolo di padre nella vita familiare. Nelle società semplici il padre ha prevalentemente una funzione educativa, funge da modello, principalmente ai figli maschi, che attraverso l’imitazione apprendono le regole sociali e le attività svolte dal padre. Una funzione indiretta del padre è, inoltre, quella di mantenere la famiglia assicurandone il benessere economico e sociale.

Nelle società complesse, invece, il padre è maggiormente coinvolto nella vita familiare, soprattutto con il nuovo assetto di famiglia mononucleare (non più la famiglia allargata con nonni, zii e varie figure parentali che condividevano una stessa casa o comunque vivevano nelle vicinanze) e l’aumento del numero di donne lavoratrici. Negli ultimi anni si è vissuta anche una attenuazione degli stereotipi di genere legati al mondo dell’accudimento, anche se in Italia, la richiesta, ad esempio, di congedi parentali da parte dei padri è una pratica ancora poco diffusa.