Bullismo e reti istituzionali

Bullismo e reti istituzionali
Giacomo Piperno

*A cura di Sabrina Catini

“Abbiamo parole per vendere, Parole per comprare, Parole per fare parole. Andiamo a cercare insieme Le parole per pensare. Andiamo a cercare insieme Le parole per pensare. Abbiamo parole per fingere, Parole per ferire, Parole per fare il solletico. Andiamo a cercare insieme, Le parole per amare. Andiamo a cercare insieme Le parole per amare. Abbiamo parole per piangere, Parole per tacere, Parole per fare rumore. Andiamo a cercare insieme Le parole per parlare. Andiamo a cercare insieme Le parole per parlare.”

                                                                                         (Le parole di Gianni Rodari e Sergio Endrigo)

Le parole definiscono e riflettere su qualsiasi “fenomeno” significa rintracciare la parola che lo definisce e se dall’origine della stessa si possano delineare le successive metamorfosi.

“Cosa si intende per rete?”. Sull’etimologia della parola rete il Curtius1 la fa risalire a “sert-us” participio passato del verbo latino “serere” con il significato di tessere un “intreccio di fili di vari materiali, a maglie di forma e dimensione diversa, a seconda dello scopo a cui è destinato”.

“Cosa si intende per bullismo?”. Una definizione “tecnica” è fornita dal Prof. Farrington, criminologo e psicologo britannico, professore emerito di psicologia criminologica all’Università di Cambridge, che definisce il bullismo come un’oppressione, psicologica o fisica, ripetuta e continuata nel tempo, perpetuata da una persona più potente nei confronti di un’altra percepita come più debole.

Che ruolo svolge o dovrebbe quindi svolgere la “rete istituzione” ovvero quel macro sistema “protettivo” rappresentato dalla famiglia, dall’istituzione scolastica, e dai servizi sociali territorialmente competenti nei confronti del bullismo?

I fattori specifici del fenomeno bullismo

Un’analisi delle connotazioni e dei fattori specifici che caratterizzano i soggetti coinvolti in prima persona dal fenomeno del bullismo risulta indispensabile, in quanto seppur sia fondamentale esaltare la soggettivizzazione, alcune tipizzazioni sono state rintracciate. Sono stati delineati gli attori coinvolti nel fenomeno del bullismo e le peculiarità che lo stesso può assumere, con una particolare attenzione al maltrattamento psicologico:

  • Il bullo
  • La vittima
  • La vittima provocatrice
  • Bulli gregari
  • Il pubblico

Conoscere i vari tipi di bullismo è altresì estremamente importante per imparare come prevenirlo e poter progettare politiche di walfare mirate e funzionali. Di fatto i modi in cui possono esplicarsi gli atti di bullismo possono essere polivariati ed è anche sulla base di questa variabilità che entra in gioco il codice penale e civile e le sanzioni che ne deriveranno. Una particolare rilevanza assumono inoltre i maltrattamenti psicologici perpetuati a danno della vittima che posso essere a sé stanti o associati anche ad atti di aggressività fisica. Il maltrattamento psicologico include gli atti di rifiuto, terrorismo psicologico, minaccia, sfruttamento, isolamento e allontanamento del bambino dal contesto sociale. Tali comportamenti possono danneggiare anche in modo irreversibile lo sviluppo affettivo, cognitivo, relazionale e fisico del minore.

Ciò che rende davvero pericoloso il fenomeno del bullismo è la persecuorietà. Ogni ragazzo ha risorse differenti e ognuno di noi ha una storia di vita propria ed unica, e pertanto le reazioni alla frustrazione, ad un malessere interiore, possono variare: c’è chi si ritira, chi attiva condotte di evitamento, chi razionalizza. Ecco poiché è centrale il ruolo del “contesto” in primis quello istituzionale (famiglia, scuola, ecc) per captare sintomi di iniziale allerta, e prevenire l’attivarsi di un fenomeno che si manifesta all’esterno, ad esempio nelle scuole ma che nasce in famiglia. Le azioni di prevenzione e vigilanza restano i baluardi fondamentali delle azioni istituzionali che dovrebbero essere non solo intra -istituzionale, bensì interistituzionale, in quanto spesso le vittime si chiudono nel proprio silenzio.

I fili della rete

“La vita è un arazzo e si ricama giorno dopo giorno con fili di molti colori, alcuni grossi e scuri, altri sottili e luminosi, tutti i fili servono.” (Isabel Allende)

Se si vuole approcciare al fenomeno del bullismo in un’ottica di rete è importante comprendere che la rete siamo noi. Ognuno con il suo colore, tessuto, eternamente dinamici, siamo chiamati a prendere parte alla vita all’interno della collettività che ci rappresenta. Le esperienze che accumuliamo fanno sì che la nostra rete sia flessibile, in grado di accogliere di volta in volta il bisogno espresso ed inespresso, di cui l’individuo che si è trovato a confrontarsi suo malgrado con il fenomeno del bullismo, è portatore. Nel voler approcciare una riflessione che inserisca il fenomeno del bullismo all’interno delle politiche e delle buone prassi istituzionali si è scelto di orientare la riflessione su tre Istituzioni particolari: la famiglia, la scuola e i Servizi Sociali territoriali. Questa scelta poggia sulla consapevolezza che il fenomeno del bullismo “nasca” all’interno del nucleo familiare, si “esperisca” per la maggioranza dei casi all’interno delle istituzioni scolastiche, che spesso si trovano a segnalare preliminarmente ai servizi sociali dell’Ente locale territorialmente competente. Sono questi i “primi fili” della rete che vengono ad attivarsi, seguono ovviamente ed a seconda del caso, i servizi sanitari e le autorità giudiziarie competenti.

La famiglia e le responsabilità genitoriali

Il termine di responsabilità genitoriale sottolinea non solo la necessità di tutela dell’interesse dei figli, tramite l’educazione e la vigilanza da parte dei genitori, ma anche l’aspetto del farsi carico, nell’àmbito dei rapporti di filiazione, delle conseguenze, anche giuridiche, dei loro comportamenti. Un elemento che sembra centrale è l’atmosfera familiare e lo stile educativo messo in atto dai genitori, nonostante le ricerche sulle relazioni tra stili educativi e bullismo siano ancora numericamente limitate.

Oltre alla diade bullo-vittima infatti l’adulto costituisce l’anello cruciale sia per prevenire che per intervenire sul fenomeno. Ed i primi adulti investiti dal bullismo sono appunto i genitori, ed il ruolo dalla famiglia risulta centrale, soprattutto se accogliamo la tesi per cui negli scambi relazionali tra i membri di una famiglia e tra di essi e “l’esterno” esiste una costellazione “generazionale” per la quale eventi di un passato anche molto lontano, potrebbero giocare un ruolo fondamentale nelle azioni presenti.

La responsabilità dei genitori è fondata su di una duplice presunzione di colpa di natura specifica (culpa in vigilando e culpa in educando), la quale non consiste tanto nel non aver impedito il verificarsi del fatto ma in una condotta anteriore alla commissione dell’illecito, consistente nella violazione dei doveri inderogabili posti a carico dei genitori dall’art. 147 c.c. (obbligo di istruire, mantenere ed educare la prole) a mezzo di una costante opera educativa, finalizzata a correggere comportamenti non corretti ed a realizzare una personalità equilibrata, consapevole della relazionalità della propria esistenza e della protezione della propria ed altrui persona da ogni accadimento consapevolmente illecito.

La scuola

La responsabilità per gli atti di bullismo può essere estesa agli insegnanti (e per loro al Ministero), qualora gli episodi incriminati si siano verificati appunto nel momento in cui i ragazzi erano sotto la loro custodia, quando e se non è stato correttamente esercitato il dovere di vigilanza. Ai precettori e ai maestri d’arte, per liberarsi da qualsiasi responsabilità, è richiesta la dimostrazione non solo di non aver potuto materialmente impedire l’evento per il suo carattere imprevedibile e improvviso, ma anche di aver adottato preventivamente tutte le misure organizzative e disciplinari idonee ad evitare la situazione di pericolo.

bullismo: le responsabilità della scuola

L’amministrazione scolastica è responsabile anche per culpa in organizzando, deve quindi predisporre tutti gli accorgimenti necessari affinché siano evitate situazioni pericolose e non venga arrecato danno agli alunni. Ne consegue che il Ministero dell’Istruzione abbia ritenuto necessario avviare un processo normativo che potesse definire le prassi necessarie da applicarsi in ambito scolastico e di rete al fine di fronteggiare il fenomeno del bullismo.

Le azioni di formazione e prevenzione sono attuate dalla scuola in collaborazione con la comunità educante di riferimento in rete anche con professionisti esterni (tecnici, forze dell’ordine, magistratura, prefetture, società ordinistiche e scientifiche). Viene sottolineata la responsabilità e/o corresponsabilità di tutti i componenti del contesto scolastico, dei genitori e dei ragazzi (secondo la giurisprudenza vigente) e, nello specifico, di tutti gli interlocutori quali dirigenti, docenti e personale ATA, nonché di tutte le figure presenti nella quotidianità della scuola.

Sara Carnovali e Giovanni Merlo in “Disabilità e bullismo: incroci pericolosi” sottolineano come il bullismo si delinei come una dinamica di gruppo, nella quale i soggetti si sostengono e rinforzano l’un l’altro, reciprocamente. Si tratta di un fenomeno dinamico-relazionale, le cui strategie di contrasto dovrebbero coinvolgere necessariamente l’intero gruppo sociale di riferimento, composto sia di pari che di adulti, nessuno escluso. La prevenzione e il contrasto ad ogni forma di bullismo richiedono agli adulti – educatori, di superare sterili controproducenti atteggiamenti punitivi per impegnarsi per una vera educazione alle differenze che deve coinvolgere tutte le componenti scolastiche, a partire dagli stessi adulti.

Servizi sociali e welfare territoriale

Nell’ottica di considerare il bullismo come fenomeno sociale, il coinvolgimento degli Enti locali e più nello specifico dei Servizi Sociali nella prevenzione, si connota come un approccio ecologicosistemico, prevedendo l’implementazione di strategie d’intervento che tengano conto dell’interdipendenza tra le componenti contestuali e quelle individuali. Esso può essere tra l’altro assai utile per facilitare e potenziare la collaborazione tra scuola e famiglie. Nella prospettiva di un welfare comunitario, gli interventi di promozione della convivenza e della coesione sociale, della prevenzione e gestione dei conflitti individuali e sociali, realizzati anche attraverso attività di mediazione sociale, culturale e comunitaria, rappresentano elementi essenziali del sistema integrato.

Servizi sociali e welfare territoriale

Relativamente al bullismo si rende sempre più evidente la necessità di attivare tavoli tematici per una progettazione condivisa che parta dal bisogno del territorio e dalle risorse esistenti per elaborare delle risposte efficaci ed efficienti. Nello spirito della corresponsabilità sociale, spetta a tutti gli attori sociali del territorio partecipare attivamente alla realizzazione di azioni forti e mirate al contrasto del bullismo, per il miglioramento continuo della rete degli interventi e dei servizi sociali del territorio.

Il Servizio sociale svolge un ruolo multi variegato nell’ottica di rete volta al fronteggiamento del bullismo, ponendosi come mediatore tra scuola e famiglia e tra i vari organi istituzionalmente competenti, inserendosi in quelle attività di prevenzione, progettazione e supporto imprescindibili per il fronteggiamento del fenomeno. Al fine dell’identificazione precoce dei fenomeni riconducibili al bullismo è necessario pertanto concertare un dialogo tra scuola e famiglia anche al fine di porre in essere interventi efficaci ed efficienti che tengano conto sia degli aspetti educativi che psicologici e sociali che quindi non investano soltanto l’ambito familiare e/o scolastico bensì territoriale e di comunità. Questo in considerazione che il primo intervento di fronteggiamento del bullismo ha inizio con la prevenzione, ma il secondo con la segnalazione della violenza subita dalla vittima ai servizi territoriali (Scuole, Insegnanti, personale Ata, Amici, Familiari, Pronto Soccorso, Consultori Servizi Sociali, Operatori parrocchiali, istruttori ed allenatori sportivi, vicini di casa, ecc…).

La vittima di bullismo oltre ad essere parte di una rete di servizi pubblici è inserita all’interno di una comunità, entro la quale intrattiene rapporti con i membri che ne fanno parte. L’aggancio comunitario si propone come sfida nei confronti di una comunità sociale che tante volte percepisce un problema ma non sempre interviene. Si tratta di un intervento di empowerment di comunità, che si propone di attivare processi di collaborazione tra attori sociali e di partecipazione dei cittadini, un’azione che va oltre la ricerca di soluzioni a uno specifico disagio.

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Commenti

  • Carmen De Vita
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    Grazie mille per questo bellissimo e chiaro contributo tecnico su di un tema così delicato. Condivido molto l’idea di “intervento di empowerment di comunità “. Carmen De Vita

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