Adescamento minorile e pedofilia

Adescamento minorile e pedofilia
Giacomo Piperno

*A cura di Silvia Iannetti

La pedofilia rappresenta un fenomeno che suscita, da sempre, un notevole allarme sociale destando interesse in ambito clinico, giuridico, politico e richiamando l’attenzione sull’esigenza di trovare risposte concrete e immediate da parte delle istituzioni preposte alla tutela della vittima e al contrasto e al trattamento degli autori in termini di prevenzione della recidiva. La natura complessa e articolata di questa problematica, l’ampiezza dei modelli eziologici e della letteratura esistente, i diversi livelli interpretativi, rendono difficile il lavoro degli specialisti impegnati nella valutazione sistematica di queste condotte.

Il fenomeno rappresenta infatti un evento eterogeneo: diverse le cause che possono costruire tale comportamento, diversi i contesti in cui ha maggiori possibilità di emergere, diversi gli operatori e le istituzioni coinvolti, diverse le tecniche utilizzate per il contrasto, diversi gli esiti giudiziari ed istituzionali e diversi gli autori di volta in volta coinvolti e i profili comportamentali ad essi riferibili. A rendere ancora più difficoltosa una definizione e differenziazione di tale fenomeno sta poi il fatto che, nel tempo, sui reati sessuali e sulla pedofilia, nello specifico, si è costruita una vera e propria “mitologia”. Per tali motivi, risulta difficoltoso classificare in un’unica categoria gli autori di questa tipologia di reati, data la loro incredibile eterogeneità e soprattutto laddove la stessa diffusione del fenomeno è resa ancor più complessa con lo sviluppo della tecnologia informatica. Difatti si può affermare che, una delle realtà criminali che ha maggiormente fruito delle innovazioni introdotte dalla “società dell’informazione” è stata, senza dubbio, quella dell’abuso sessuale sui minori.

Psicologia e psicopatologia della personalità pedofila

La definizione della personalità pedofila rappresenta uno degli obiettivi più complessi da raggiungere nel corso dell’analisi di tale fenomeno.

La distinzione utilizzata più comunemente è quella fra casi psicopatologici e non psicopatologici. Secondo la letteratura esistente, i casi “non psicopatologici” sono caratterizzati da tratti di immaturità psicosessuale, passività (Bowman, Engle, 1953), impotenza e inadeguatezza genitale (Friedmann, 1967; Hammer, Glueck, 1957), infantilismo, segni di compensazione delle carenze affettive. Mentre la categoria degli psicopatologici, invece, racchiude all’interno tutte le varie forme dei disturbi mentali. Plaut (1960) ritiene che i pedofili siano in genere degli immaturi psicosessuali, incerti nella scelta dell’oggetto d’amore e incapaci di creare una relazione adeguata con l’oggetto.

Giese evidenziò dei sintomi guida di tutte le Perversioni e maggiormente validi per la pedofilia: “essere schiavi della sessualità, aumento di frequenza delle relazioni perverse con soddisfazione decrescente, promiscuità ed anonimità dei rapporti perversi; elaborazione della fantasia al punto di non consentire le finezze tattiche caratteristiche delle avances che precedono il rapporto sessuale dei sani; esperire appetitivo e tossicomanico; periodicità di una esagitata irrequietezza“. Wyss (1967), a seguire, descrive i pedofili come individui con “carattere prevalentemente infantile…neurotici sessuali la cui direzione delle pulsioni è stata decisa già in età precoce…deboli di pulsioni“, e con “forti tensioni pulsionali tanto da giungere ad improvvisi sfoghi senza scelta“. Nel cercare di spiegare l’atto pedofilo, inoltre, afferma che tali individui “hanno fantasie sessuali normali e falliscono nella concretizzazione di un rapporto con un partner sessuale maturo, mancano di tenerezza e vengono sopraffatti da un modo di agire pulsionale e pressante e cercano in modo rudimentale una soluzione immediata alla tensione psicofisica sessuale, nella quale non trovano posto erotismo e tenerezza“.

Psicologia e psicopatologia della personalità pedofila

Jaria, sempre nella descrizione della personalità del pedofilo, sostiene che “L’esistenza del pedofilo durante l’accadimento sessuale appare come interrotta e l’evento rappresenta come una parentesi nella storia interiore dell’individuo“; a sostegno di ciò riporta quanto affermava un pedofilo, “era come se fosse un’altra persona a fare quelle azioni…“. Jaria, Capri e Lanotte (1993,1995) hanno cercato di contribuire alla definizione della  personalità del pedofilo attraverso alcuni casi giunti alla loro osservazione in ambito psicoterapeutico o giudiziario.

Elementi distintivi

Pur non avendo rilevato un quadro univoco del profilo, gli autori delineano l’esistenza dei seguenti elementi significativi:

Immaturità Affettiva: caratterizzata da scarsa efficienza e rapida esauribilità dei freni inibitori di fronte all’imminenza e all’urgenza degli impulsi sessuali, affettività più egocentrica che adattiva, funzioni affettive coartate e nello stesso tempo labili. Bassa tolleranza alle frustrazioni, ipersensibilità alle critiche;

Identificazione Deficitaria: mancato riconoscimento delle proprie componenti sessuali; il processo di identificazione, connesso alla ricerca di identità che va dalla dipendenza alla autonomia affettiva e sociale, appare non sufficientemente adeguato e non armonico rispetto alla realtà. Il legame oggettuale primario appare patologico ed espresso attraverso l’indifferenziazione e l’idealizzazione dell’oggetto indifferenziato;

Relazioni Interpersonali Inadeguate: la deficitaria identificazione, la mancanza quindi di un modello chiaro di comportamento, fanno sì che il rapporto con l’altro si sviluppi in modo irregolare e superficiale: infatti, ruoli in conflitto e mutevoli sono assunti nelle relazioni sociali. Tali rapporti non sembrano capaci di svilupparsi su basi adattive, costruttive e mature. Comportamenti ed emozioni nei confronti dell’altro sembrano espressi o in termini oppositivi, o manipolativi, o di dipendenza.

La pedofilia: analisi storica e psicologica del fenomeno

Il termine “pedofilia” deriva dal greco, παις, παιδός (bambino) e φιλία (amicizia, affetto), ed indica la passione erotica nei confronti dei soggetti prepuberi. Se nel suo significato etimologico il termine, dunque, rappresenta un sentimento di amore e di amicizia verso un fanciullo, la stessa espressione, nel tempo, si è trasformata progressivamente in un’etichetta carica di forti implicazioni emotive e con la quale si designano le diverse manifestazioni che può assumere la criminalità sessuale nei confronti dei minori. Nelle teorie del senso comune la pedofilia è definita come una “perversione sessuale caratterizzata da attrazione erotica verso i fanciulli, indipendentemente dal loro sesso” e, in tale prospettiva, il pedofilo è rappresentato dall’individuo adulto attratto da bambini o giovani ragazzi. Dal punto di vista clinico, secondo il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM–5), la condotta pedofila si configura se, per un periodo di almeno 6 mesi, sia presente “il desiderio di attività sessuale con bambini prepuberi” o “la messa in atto di tale desiderio”, da parte di un soggetto che deve avere almeno 16 anni ed essere, di almeno 5 anni, maggiore del bambino che è oggetto delle sue fantasie sessuali. Il fenomeno, dunque, dal punto di vista strettamente clinico, non necessita della vera e propria traduzione dell’interesse deviante in azione, in quanto può limitarsi ad essere vissuto esclusivamente come fenomeno intra-psichico.

Dalla Pedofilia alla Pedopornografia: L’Evoluzione del Fenomeno

Secondo quanto evidenziato dalla letteratura scientifica internazionale, il maggior campo d’azione della pedofilia è sempre stato rappresentato dalla famiglia, ristretta o allargata, delle piccole vittime e da alcune categorie sociali e professionali facilitate nel contatto con i minori. Con lo sviluppo di internet, tuttavia, gli studiosi hanno rilevato la presenza di una nuova dimensione organizzata della pedofilia che, se pur quantitativamente meno significativa rispetto alle forme classiche, riesce a mettere in connessione pedofili di tutto il mondo con minori rischi di essere scoperti.

Dalla Pedofilia alla Pedopornografia: L’Evoluzione del Fenomeno

Cyberpedofilia

Gli elementi fondamentali della “cyberpedofilia”, rispetto alle sue forme più classiche, determinano la maggiore capacità della rete di far circolare in maniera riservata le immagini e i messaggi di testo.

Tale canale, pertanto, consente al pedofilo una maggior facilità e riservatezza nella fruizione di materiale pornografico, la conoscenza diretta di altri pedofili e l’accesso a forme di turismo sessuale. Una componente decisamente importante, inoltre, è rappresentata dalla possibilità da parte di chi scrive di mantenere l’anonimato nel corso di tutti i collegamenti finalizzati allo scambio di pornografia o a tentativi di adescamento di minori.

Numerose ricerche sul fenomeno hanno dimostrato che i pedofili hanno una forte propensione verso il collezionismo di materiale pornografico sia di tipo tradizionale e sia di tipo digitale. Hartman, Burgess & Lanning (1984) propongono una classificazione dei pedofili collezionisti effettuata in base al loro comportamento ricorrente rispetto al reperimento, fruizione e cessione del materiale.

Gli autori distinguono:

Closet collector: individui che acquistano e custodiscono segretamente la loro collezione segreta senza essere coinvolti direttamente in abusi sui minori;

• Isolated collector: oltre a collezionare pornografia minorile sono anche coinvolti in dinamiche di abuso minorile; tale categoria preserva tale attività segreta per paura di essere scoperta e la sua collezione comprende sia materiale proprio che comprato;

• Cottage collector: individuo che condivide la sua collezione e le sue attività sessuali con altre persone, ma non è interessato a trarne profitto;

Commercial collector: produce, copia e guadagna vendendo materiale commerciale ed è anche coinvolto nello sfruttamento minorile. Da sottolineare, inoltre, che il materiale pornografico viene poi usato dai pedofili come merce di scambio per creare una rete di comunicazione con tutte le persone che condividono i loro stessi interessi e, indirettamente, come “lasciapassare telematico” per capire, in maniera concreta, se si sono realmente imbattuti in un loro simile o se si tratta, viceversa, di un elemento ostile o semplicemente curioso.

La presenza di una dimensione virtuale, in grado di mediare le interazioni e i rapporti fra i soggetti, può inoltre rappresentare un fattore capace di attenuare la reale percezione dei crimini, sostenuta dall’assenza di quei freni inibitori presenti nelle relazioni “face to face”.

Adescamento minorile: il fenomeno del Grooming

Il termine Grooming” viene definito come ciò che una persona fa per apparire pulita e curata. Tale termine, tuttavia, viene anche utilizzato all’interno della comunità scientifica che si occupa di abuso e di minori.

Adescamento minorile: il fenomeno del Grooming

La difficoltà di riuscire a definire il fenomeno in maniera chiara ed univoca deriva dalle diverse sfaccettature del grooming che è composto sia da aspetti positivi, come la costruzione di una relazione di fiducia, sia da aspetti negativi, quali la manipolazione. È possibile, difatti, descrivere vari tipi di grooming (McAlinden, 2013): offline o online, a seconda che il processo avvenga nella realtà o nel mondo virtuale; oppure si possono distinguere i comportamenti di grooming messi in atto da un offender che conosce la sua vittima da quelli messi in atto da uno sconosciuto. Le varie tipologie hanno avuto, nel corso del tempo, attenzioni diverse: negli ultimi anni l’interesse degli studiosi si è focalizzato maggiormente sullo street grooming, messo in atto da sconosciuti; mentre più recentemente ha riscosso maggior successo il grooming online, attirato le attenzioni anche del mondo accademico.

Vittima non casuale

La scelta della vittima, da parte dell’offender, non è casuale: spesso vengono scelti un bambino e una famiglia vulnerabili, in seguito, l’abusante si mostra interessato al bambino e ai suoi problemi e conquista la sua fiducia così da stabilire un rapporto di amicizia. Successivamente la relazione si sviluppa aumentando, così, i privilegi per il bambino, sia sotto forma di ricompense, come regali di vario tipo, sia sotto forma di vantaggi emotivi, attraverso il sentirsi apprezzati, sicuri, amati. L’obiettivo della costruzione di questo rapporto esclusivo è riuscire ad allontanare la vittima dai genitori o dalle altre figure protettive. Nella fase successiva inizia la sessualizzazione della relazione attraverso la comparsa di discorsi sulla sessualità o lo scambio di immagini pedopornografiche; infine, vengono introdotti i contatti fisici, prima giocosamente attraverso il solletico o la lotta, poi con i primi abbracci e baci, fino ad arrivare a toccare le parti intime. Durante queste attività, l’offender può introdurre dei discorsi totalmente incongruenti con la scena per spostare l’attenzione del bambino e normalizzare ciò che sta accadendo. L’obiettivo finale del processo di grooming è il coinvolgimento del bambino in attività sessuali ma in realtà il processo continua, al fine di mantenere il suo silenzio ed evitare che racconti ciò che sta accadendo

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